In queste settimane di violento conflitto tra Israele e Hamas, molti si sono chiesti chi finanzi l’organizzazione terroristica palestinese, che è molto più abile di ciò che sembra nel reclutare denaro utile alla sua causa. Incredibilmente, anche in Italia si trovano alcuni soggetti che possono risultare invischiati nei loro traffici.
Hamas infatti riceve aiuti sia di tipo umanitario che legale, e uniti a fondi che arrivano da attività criminali e da organizzazioni ideologiche anti-israeliane, si assicura un bel gruzzolo da investire nei propri attacchi terroristici.
Hamas governa infatti ormai da anni una tra le aree più povere del mondo, e molti dei fondi governativi di Gaza vengono utilizzati proprio per finanziare l’organizzazione della macchina bellica responsabile del violento attacco sanguinario del 7 ottobre. Per questo, molti non si spiegano come sia possibile che, da un territorio in cui l’80 per cento della popolazione vive in povertà, Hamas sia in grado di finanziarie una forza armata di migliaia di membri e che utilizza per i propri attacchi razzi e droni, senza contare la vasta rete di tunnel sotto Gaza di cui da settimane parlano i media internazionali.
La risposta è presto data: perché riceve varie forme di finanziamento da coloro che ne sposano la causa e che hanno interesse a mettere in stato di insicurezza Israele. Nello specifico, questi fondi riguardano aiuti internazionali che arrivano anche attraverso le agenzie dell’Onu senza scopo di lucro. Poi ci sono aiuti finanziari del Qatar, sempre veicolati tramite le Nazioni Unite, che finanzia Gaza per circa un miliardo e mezzo di dollari secondo un sistema coordinato con lo stesso Israele e gli Stati Uniti.
La preoccupazione però è che Hamas sovrapponga gli aiuti umanitari con gli investimenti destinati alle attività militari, che cioè i fondi destinati ad aiutare i civili finiscano per finanziare il terrorismo militare. Poi ci sono quelli di natura illegale, legati al contrabbando o al traffico di armi fino al narcotraffico con il Sud America. Di parla di un business che si avvicina al mezzo miliardo di dollari.
Il tracciamento di questi fondi risulta però molto difficile. So parla anche di investimenti in immobili e aziende che Hamas avrebbe fatto in tutto il mondo, comprendente persino l’utilizzo di criptovalute per eludere le sanzioni finanziarie internazionali. Un portafoglio di investimenti internazionali del valore di 500 milioni di dollari, che arriva fino all’Italia, dove a Genova si trova l’architetto Mohammad Hannoun, presidente di un’associazione di palestinesi in Italia e sospettato di finanziare Hamas attraverso le sue associazioni.
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