Forti delle difficoltà che Mosca sta sperimentando sul campo ucraino, Pechino ne ha approfittato ottenendo condizioni economiche vantaggiose.
Tra Russia e Cina sono molti gli analisti che parlano apertamente di una “partnership squilibrata”. Forti delle difficoltà che Mosca sta sperimentando sul campo ucraino, Pechino ne ha approfittato ottenendo condizioni economiche vantaggiose. Anche perché da sempre la Cina si muove seguendo solo e unicamente il proprio interesse nazionale, e lo fa ancora più oggi per quanto riguarda il settore energetico. Così la relazione tra i due inizia sempre più a sgretolarsi. Dal giorno in cui è iniziata l’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia, il Dragone ha infatti accresciuto i propri interessi grazie a un aumento del suo import di gas e petrolio da Mosca.
Ogni summit intercorso tra il leader cinese Xi Jinping e il presidente russo Vladimir Putin ha avuto al centro il tema dell’energia, vero grande snodo strategico dell’amicizia tra i due Paesi. Nel 2022 la Cina ha importato greggio dalla Russia per un totale netto di 1,7 milioni di barili al giorno.
Il tema dell’energia, vero snodo delle relazioni tra Russia e Cina
L’energia è sempre uno dei punti di discussione più strategici durante i colloqui o i summit tra il leader cinese Xi Jinping e il presidente russo Vladimir Putin. Secondo i dati pubblici delle dogane cinesi, nel corso del 2022 il diciassette per cento delle importazioni di greggio cinesi, per un totale di 1,7 milioni di barili al giorno, sono arrivate dalla Russia.
Nel 2021 il greggio verso la Cina rappresentava il trentuno per cento delle esportazioni di Mosca, che l’anno successivo è arrivato al trentacinque per cento. Il che ha reso possibile ai russi una crescita delle esportazioni pari al sette per cento in un tempo in cui le restrizioni e le sanzioni da parte del blocco occidentale sono aumentate, nel tentativo di danneggiare l’economia russa. Tentativo andato evidentemente a fondo.
Il merito è tutto della Repubblica popolare cinese, che ha aiutato il Cremlino anche sulle esportazioni di carbone, cresciute decisamente, dal venticinque al trentadue percento. Non è però tutto oro quel che luccica. Pechino infatti ad oggi ha l’Arabia Saudita come primo partner nel settore del petrolio, e nel 2021 in particolare Pechino ha dovuto affrontare una grave crisi energetica, che ha aumentato la richiesta di energia all’improvviso e a causa di vari fattori, in gran parte legati alle riaperture post pandemia.
Ecco perché la partnership è decisamente sbilanciata
Ben diversa è la situazione nel 2023, con la Cina che non ha visto l’accelerazione che si aspettava. Tanto che da alcuni mesi Xi Jinping ha iniziato a importare molta meno energia del previsto, un rallentamento che ha contribuito a mantenere bassi i prezzi di petrolio e gas ma in particolare che fa il gioco dell’Occidente a discapito della Russia. Così, il Cremlino si troverebbe incapace di sostituire il mercato europeo dal punto di vista del volume delle importazioni energetiche.
Risultato: è a tutti evidente come la partnership tra Mosca e Pechino sia decisamente sbilanciata verso lo strapotere dei cinesi, che ha in mano la situazione e continua a fare solo ed esclusivamente il suo interesse nazionale. Anche, e in particolare, nel settore energetico, vera e propria linea di confine per i russi, in cui si giocano la vita o la morte.