Con la situazione geopolitica che vive il pianeta, il ruolo della Turchia in Europa diventa cruciale: ecco quali sono gli attuali equilibri
Il mondo vive un momento delicatissimo. I venti della guerra soffiano forti su vari territori e il pianeta sembra essere tornato al duplice blocco che ha contraddistinto la vita politica del periodo della Guerra Fredda. Per questo, si torna a parlare del ruolo che alcuni Stati controversi come la Turchia possano avere nello scacchiere internazionale e la sua ammissione nell’Unione Europea.
Nel febbraio 2022, lo scoppio della guerra in Ucraina. L’invasione decisa dalla Russia di Vladimir Putin ha fatto ripiombare l’Europa nell’incubo del conflitto. Oltre un anno e mezzo di morte, distruzione, ma anche di conseguenze gravissime sull’economia. Ora, da alcune settimane, l’acuirsi degli scontri tra Hamas e Israele.
Una situazione che, ovviamente, potrà andare a intensificare il già imponente fenomeno migratorio che interessa il Vecchio Continente. Per questo, da più parti, si è tornato a discutere del ruolo che un Paese storicamente sospeso tra Oriente e Occidente, come la Turchia, possa avere negli scenari che si sono creati.
Se l’Europa possa essere all’altezza del compito non è affatto chiaro. L’elenco delle sfide geopolitiche che l’UE dovrebbe affrontare è lungo quanto viene trascurato. La relativa passività dell’UE di fronte ai colpi di stato in Africa, alla volatilità nel Mediterraneo e alle violente fiammate tra Kosovo e Serbia nei Balcani – per citare alcuni esempi – sta minando la credibilità dell’Unione come attore geopolitico rilevante. Anche per quanto riguarda la guerra in Ucraina, l’UE spesso sembra essere più uno spettatore che un intermediario di potere.
Il ruolo della Turchia nello scacchiere internazionale
Al contrario, la Turchia ha dimostrato di essere un attore decisivo su una serie di questioni che rientrano esattamente nel mandato dell’UE. Ad esempio, la Turchia era parte integrante della Black Sea Grain Initiative, che ha facilitato l’esportazione di 32 milioni di tonnellate di esportazioni agricole ucraine prima che la Russia la interrompesse. Sebbene sia visto da più parti come uno Stato totalitario, dove i diritti verrebbero calpestati quotidianamente, la Turchia ha dimostrato, in queste stagioni, grande decisionismo.
Grandi polemiche, dunque, sull’operato del presidente Recep Tayyip Erdoğan, che, tuttavia, ha sfruttato la posizione strategica e le capacità militari della Turchia per approfondire i suoi legami di difesa con i paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC). Paesi chiave, soprattutto per ciò che concerne l’economia petrolifera, come Bahrein, Kuwait, Oman, Qatar, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita. Questi accordi segnalano un ampliamento del raggio d’azione finanziario della Turchia e un aumento della sua influenza geopolitica.
I rapporti con la NATO continuano a essere decisamente tesi, ma, con riferimento alla guerra in Ucraina, non si può negare che la decisione di Erdoğan di non schierarsi né con la Russia né con l’Occidente ha prodotto vantaggi geopolitici ed economici per la Turchia. Sul punto, peraltro, la Commissione europea ha mantenuto un atteggiamento piuttosto ondivago e permangono numerosi punti di attrito, in particolare per quanto riguarda lo stato di diritto in Turchia.
Il problema è che la prospettiva dell’adesione della Turchia è ancora la base delle relazioni UE-Turchia, e un suo sostituto deve ancora essere trovato. Al di là di una tesa collaborazione sulla gestione dei rifugiati, c’è poco che possa generare slancio verso un impegno più profondo. Considerata l’importanza strategica della Turchia, l’UE deve assumere maggiore iniziativa sul tavolo della possibile adesione turca all’UE. Da parte sua, la Turchia deve riconoscere che i suoi interessi economici risiedono più nell’UE che nella Russia o nel Golfo. La situazione è più imprevedibile che mai, proprio come l’attuale equilibrio europeo e mondiale.