Smartwatch fondamentali nella lotta al Parkinson: lo studio che alimenta le speranze mondiali
Tra le malattie neurodegenerative, una delle più temute e terribili è il morbo di Parkinson. Qualcosa che ferisce chi ne viene colpito, che vede via via peggiorare le proprie condizioni, ma che affligge anche i caregiver, impotenti di fronte all’avanzare del male. Ora, però, forse siamo di fronte a una scoperta straordinaria, che potrebbe cambiare le sorti della lotta a questo terribile male. Il Parkinson, infatti, potrebbe essere previsto dagli smartwatch. Ecco come.
Sappiamo bene quanto possano essere subdole le malattie neurodegenerative. Il Parkinson su tutte. Come ben sappiamo, il suo sintomo principale e più tristemente noto è quello del tremore incontrollato, che rende impossibile vivere normalmente. Ma non è l’unico, perché accanto a questo più di natura prettamente fisica, ve ne sono molti altri di natura più spiccatamente mentale.
I problemi principali del Parkinson sono che, purtroppo, al momento non esiste una terapia che possa far regredire la malattia. Ma soprattutto il fatto che, quando i sintomi sorgono in maniera visibile, significa che il male è già in uno stato di avanzamento molto importante, con l’impossibilità di farlo regredire. Per questo la scoperta di cui vi parliamo oggi, se confermata, potrebbe cambiare le sorti della lotta al Parkinson, che potrebbe essere previsto addirittura dagli smartwatch. Ecco come.
A sostenere questo assunto che sarebbe di importanza enorme è uno studio del Dementia Research Institute dell’Università di Cardiff pubblicato su Nature Medicine. Gli scienziati sostengono che, tramite l’intelligenza artificiale, gli smartwatch potrebbero arrivare a prevedere l’insorgenza del Parkinson.
Si tratta di una ricerca molto ampia, innanzitutto perché effettuata su 103.712 persone. E poi perché iniziata nel lontano 2016, allorquando a queste persone saranno forniti degli smartwatch, alla ricerca di biomarcatori oggettivi per la diagnosi precoce del Parkinson. Ebbene, gli smartwatch, tramite l’intelligenza artificiale, avrebbero rilevato delle anomalie nella substantia nigra, cioè la parte del cervello che degenera nella malattia di Parkinson.
L’attenzione si è concentrata su sintomi apparentemente insignificanti, sia di natura motoria, che non, che le tecnologie (in particolare gli accelerometri) contenute negli smartwatch riescono a registrare. Il dato accelerometrico è stato in grado di rilevare, e anche predire, il Parkinson meglio di altri parametri classici.
Molto interessante il fatto che si sarebbe riuscito a individuare un modello di diminuzione della mobilità nelle persone con i prodromi del Parkinson rispetto alle oltre 40mila persone del gruppo di controllo. Il software sviluppato sarebbe riuscito a rintracciare forme iniziali di Parkinson. Individuato, in particolare, un campione di 65mila persone una diminuzione della durata e della qualità del sonno sia nelle persone con diagnosi di Parkinson sia in quelle che lo avrebbero sviluppato in seguito.
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