Quando ci si presenta ad un colloquio di lavoro, bisogna sempre prestare attenzione alle domande che vengono poste.
Tutti sono a conoscenza di quali sono le domande che vengono poste ad un candidato nel corso di un colloquio di lavoro anche se quelle che invece sono vietate sono meno conosciute. Infatti ci sono delle domande che un futuro datore di lavoro non deve porre in nessun caso in quanto questo va ben oltre le informazioni che devono reperire per effettuare la scelta tra i vari candidati.
Si tratta di domande discriminatorie, dei quesiti che vengono posti da alcuni candidati e la cui risposta poi ne determina la scelta. Insomma, è molto importante che durante i colloqui di lavoro si vada a tutelare la propria privacy. Ma di quale domanda si tratta?
Le domande che non devono essere fatte durante un colloquio di lavoro
Si fa riferimento quindi a domande discriminatorie che interessano la sfera privata tra cui le religioni, le convenzioni personali, l’età, la disabilità, l’orientamento sessuale, il genere, con riferimenti riguardo al matrimonio, tra gravidanza, famiglia lo stato di salute psicologico e fisico.
Domande del genere: Sei fidanzata/o? Sei sposata/o? Hai figli? Vorreste averne?
Si tratta di un argomento affrontato all’interno dell’articolo 27 del codice delle Pari Opportunità tra uomo e donne in cui si afferma che nel corso di un colloquio di lavoro non si possono assolutamente fare domande riguardo le informazioni personali sullo stato di matrimonio, sul fatto che vi siano meno dei figli in famiglia o sul desiderio di ampliare il proprio nucleo. Ma non è soltanto il decreto delle varie opportunità il solo decreto di legge che vieta la presenza di discriminazioni.
Tra le domande vietate troviamo anche: Di che partito sei? Sei religiosa/o? Di che nazionalità sei?
Si tratta di domande vietate attraverso il Dlgs 215/2003, in cui si afferma che non si può, nel corso di un colloquio, fare domande riguardo all’ideologia politica, alla nazionalità del candidato o alla fede religiosa al fine di evitare che, al momento della valutazione, si tenga conto anche dell’etnia o della provenienza.
A questo riguardo, all’interno dello Statuto dei lavoratori viene vietato, a chiare lettere, che “al datore di lavoro, ai fini dell’assunzione, come nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro, di effettuare indagini, anche a mezzo di terzi, sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore, nonché su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’attitudine professionale del lavoratore”.
Non mancano poi domande inerente allo stato di salute psicologica e fisica, all’orientamento sessuale, all’età e alla disabilità. Si tratta di questioni inerenti al Dlgs 216/2003, il cui scopo è quello di garantire un trattamento pari riguardo all’occupazione e le condizioni lavorative e in cui si vieta ogni discriminazione riguardo la regione, alle convinzioni personali, all’età, alla disabilità e all’orientamento sessuale. C’è poi il Dlgs 276/03 che va a proteggere di fronte alle discriminazioni inerenti alla psicologia e allo stato di salute fisico del candidato.