Una clamorosa inchiesta ci svela come gli zaini dei rider siano ricettacolo di numerosissimi rischi sanitari
Sulla faticosissima e sotto pagata categoria dei rider si sono innescate numerose polemiche di natura e sociale e politica. Ora, però, arriva un rischio di tipo sanitario: nei loro zaini si anniderebbero colonie di batteri che potenzialmente potrebbero essere dannosissime per la salute dei clienti.
I rider svolgono una funzione fondamentale. Soprattutto in lockdown erano le uniche persone che potevano consegnarci beni di prima necessità, ma anche cibi ordinati in pizzeria o al ristorante. Un barlume di normalità in uno dei momenti più bui della storia recente.
Persone preziose, ma sottopagate, anzi, sfruttate. Lo stipendio medio all’ora di un rider è di 6.55 euro. Lo stipendio medio di base, facendo un rapido calcolo, si aggirerebbe dunque sui 617 euro al mese. Una miseria. A fronte della fatica messa in campo, con il caldo cocente o con la pioggia incessante. Un lavoro pericoloso, dato che le cronache ci parlano anche di numerosi incidenti.
Le condizioni in cui lavorano sono state al centro di polemiche politiche, con interventi mai realmente risolutivi. Ora, però, nasce un nuovo caso: quello delle condizioni igieniche dei loro zaini: lì si anniderebbero colonie di batteri che potrebbero far molto male a chi riceve poi il cibo.
L’inchiesta è realizzata da Gambero Rosso, storica rivista dedicata al food e al beverage, che ha commissionato degli esami al laboratorio SiLa di Roma sullo stato di igiene degli zaini che i rider trasportano in bici, in motorino, in monopattino. Ebbene, il risultato è a dir poco preoccupante.
I rilievi avrebbero censito più di 200 colonie di batteri. Le “più di 200 colonie di batteri” sono state rinvenute in una delle sacche analizzate: quella apparentemente meno sporca, specifica l’inchiesta curata dalla rivista di enogastronomia. Un’inchiesta che apre quindi squarci inquietanti sulla situazione igienica del settore del delivery. La normativa, infatti, dice che i rider debbano seguire dei corsi di igiene e di conservazione del cibo, ma in assenza di controlli tutto potrebbe essere vano.
E così, dunque, sulla nostra pizza, sul nostro sushi, sui nostri hamburger, rischiamo di trovare milioni e milioni di batteri. Non a caso, il bel reportage giornalistico si intitola “Batteri a domicilio”. Giù perché così facendo ci mettiamo in casa (e in corpo) dei batteri potenzialmente molto nocivi per tutti noi. “200 colonie di batteri” sono il triplo di quelle che farebbero bocciare un ristorante se rinvenute sul pavimento durante un controllo sanitario specifica ancora l’inchiesta.
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