Quali lavoratori possono sfruttare canali privilegiati di uscita per accedere alla pensione con cinque anni di anticipo? Ecco tutte le ultime novità.
La pensione con cinque anni di anticipo è consentita per legge solo in alcuni casi particolari. Le norme in vigore in materia stabiliscono, infatti, come vincolo per il pensionamento il raggiungimento dell’età anagrafica di sessantasette anni. Esistono a ogni modo misure speciali che permettono di poter uscire dal mondo lavorativo un po’ prima.
La prima possibilità è quella in cui il lavoratore abbia, nel 2023, sessantadue anni di età anagrafica e quarantuno anni di contributi maturati. Già in questo modo, infatti, si ottiene uno “sconto” apparente di cinque anni rispetto ai citati sessantasette anni. Ci sono però dei vincoli precisi.
Trentacinque anni dei quarantuno anni di contributi devono essere neutri, vale a dire che non devono integrare periodi di malattia o disoccupazione. In pratica si ha bisogno di trentacinque anni di puro lavoro.
C’è anche una seconda via. Chi ha raggiunto i sessantadue anni, ma rivela almeno l’80% dell’invalidità specifica, quindi riscontrata dall’INPS (non basta il riconoscimento delle ASL), ovvero l’incapacità del lavoro nello svolgere la propria mansione, può uscire all’età di sessantadue anni, se uomo, e a cinquantasei, se donna. Bisogna però aggiungere vent’anni di contributi versati.
Andare in pensione con cinque anni di anticipo
Chi è vicino alla pensione può quindi lasciare il lavoro cinque anni prima. Il Governo ha prorogato questo tipo di “scivolo” con vincolo di assunzione. In effetti, la misura prevede che per ogni tre dipendenti che usufruiranno dell’uscita anticipata sia prevista l’assunzione di un giovane.
Siamo quindi di fronte a una sorta di strumento per incentivare il ricambio generazionale nelle aziende e per la riqualificazione del personale.
Possono anticipare l’uscita dal mondo del lavoro anche coloro che hanno iniziato a lavorare prima dei diciannove anni e hanno completato un anno intero di contributi sempre prima dei diciannove anni. Si tratta della quota 41 precoci. Saranno necessari infatti quarantuno anni di contributi versati.
Alla quota 41 non precoce non possono accedere tutti, ma solo quattro categorie. Cioè i disoccupati, i caregivers, gli invalidi e gli addetti ai lavori gravosi. Per gli uomini sono necessari quarantadue anni e dieci mesi di contributi versati. Per le donne ci vogliono quarantuno anni e dieci mesi. Anche in questo caso sono necessari trentacinque anni di contributi effettivi.
Per le donne c’è anche un altro scivolo, valido fino al 2023. Le lavoratrici che nel 2023 compiono sessantadue anni possono infatti accedere alla pensione se hanno alle spalle trentacinque anni di contributi versati entro il 2022. È la cosiddetta Opzione donna.