L’inflazione sta facendo danni ovunque. Negli ultimi tempi si è abbattuta anche sugli stipendi, che sono scesi di 342 euro al mese.
Nella Pubblica Amministrazione, l’inflazione sta erodendo le buste paga degli statali, con una perdita media di 342 euro al mese, ovvero quasi 4.448 euro all’anno.
Il sindacato Confsal-Unsa, che pubblica PaMagazine, ha lanciato l’allarme e ha fatto sapere al governo che i contratti dei dipendenti pubblici sono scaduti da ben 20 mesi.
Insomma, la situazione è critica e i rinnovi contrattuali non sono stati all’altezza delle aspettative, soprattutto considerando l’aumento dei prezzi che ha caratterizzato l’ultimo anno e mezzo.
Non basta un bonus una tantum o un taglio del cuneo fiscale per coprire il vuoto in busta paga creatosi a causa di questa situazione.
Secondo Battaglia e Carbone, non è possibile più accettare scuse sui rinnovi contrattuali e sulle risorse da mettere a disposizione.
L’inflazione è alle stelle: nel 2022 è salita fino all’8,1%, mentre nel 2023 è al 5,8%. Secondo l’Istat, per avere lo stesso potere d’acquisto del 2021, una retribuzione va rivalutata con un coefficiente di 1,139.
Quindi, se nel 2021 la retribuzione media era di 32.000 euro, ora dovrebbe essere di 36.448. Mancano all’appello 4.448 euro all’anno, ovvero 342,15 euro in più al mese. Questo è il sunto di quanto affermato da Confsal-UNSA e FIALS-Confsal.
Massimo Battaglia, segretario generale di Confsal-UNSA, afferma che “la sabbia nella clessidra è giunta al termine. Siamo pronti per la mobilitazione, perché la questione salariale nel settore pubblico non può più essere procrastinata. Nel caso in cui il governo non dovesse rispondere, siamo pronti ad intraprendere un nuovo ricorso presso la Corte Costituzionale riguardante il rinnovo dei contratti”.
In questa fase, il ministro della Funzione pubblica, Paolo Zangrillo, sta facendo l’equilibrista perché la legge di bilancio è poverissima di risorse.
Da un lato, afferma che “il governo farà di tutto per trovare i soldi per i rinnovi”, ma dall’altro sa che bisogna stare attenti a non fare danni ai conti pubblici. Insomma, deve tenere i piedi ben saldi a terra.
Circa un mese fa, durante un’intervista concessa a PaMagazine, il ministro ha altresì precisato che l’impegno volto a reperire le risorse necessarie per avviare i rinnovi presenta un orizzonte temporale ben più ampio rispetto a quello rappresentato dalla prossima manovra finanziaria, considerando che “per chiudere l’ultima tornata sono state necessarie ben quattro leggi di bilancio “. Tali affermazioni non lasciano presagire un esito favorevole.
Il fatto è che per rinnovare i contratti dei dipendenti pubblici ci vogliono almeno 10 miliardi di euro. Ma il governo non ha tutti questi soldi, quindi si sta pensando di dare un bonus dell’1,5% l’anno prossimo.
Non si sa ancora se sarà confermato, ma quest’anno il bonus ha dato solo meno di 30 euro in più al mese, che non sono abbastanza per far fronte all’aumento dei prezzi.
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