Anche il rimborso Irpef è soggetto a prescrizione: cosa deve fare il contribuente quindi per non rischiare di perdere il credito?
Quando un contribuente si ritrova nella condizione di vantare un credito dell’imposta Irpef (Imposta sul reddito delle persone fisiche), ovvero quando nel suo storico contributivo risulti esserne stata versata una quota eccedente e superiore rispetto a quanto dovuto, ha la possibilità di richiederlo come rimborso.
Verificata la presenza effettiva del credito a seguito della richiesta del contribuente, l’Agenzia delle Entrate provvede quindi a rimborsarlo, ad esempio versandolo direttamente in busta paga oppure tramite bonifico o, ancora, tramite compensazione per future dichiarazioni dei redditi. Queste modalità variano sia in base alle scelte espresse dal contribuente in fase di dchiarazione dei redditi sia in base al modello utilizzato (modello 730 oppure modello Redditi PF ex Unico).
Tuttavia dobbiamo tenere a mente un aspetto: i rimborsi Irpef sono soggetti a prescrizione. In altre parole, possono scadere e non essere più esigibili da parte del contribuente. Ciò può avvenire in due diversi casi e con diverse tempistiche: ovvero con richiesta effettuata tramite la dichiarazione dei redditi; oppure senza passare attraverso la dichiarazione.
I tempi di prescrizione sui rimborsi e il sostituto d’imposta
Quando il contribuente ha chiesto il rimborso del credito Irpef tramite il modello di dichiarazione dei redditi, il termine di prescrizione oltre il quale non è più possibile ottenerlo è di 10 anni. Se invece il contribuente lo ha richiesto in altra modalità, senza passare attraverso la dichiarazione dei redditi, il termine della prescrizione scende a 48 mesi, ovvero 4 anni.
Inoltre, se entro i 48 mesi il contribuente presenta un sollecito all’Agenzia delle Entrate o propone un ricorso tributario per ottenere il rimborso, ecco che da quel momento viene avviata la prescrizione decennale.
A questi casi, tuttavia, si aggiungono due eccezioni. La prima è rappresentata dai regimi forfettari che, non essendo soggetti a tassazioni Irpef, non possono quindi incorrere in circostanza di credito, debito e quindi di rimborso. La seconda, invece, è rappresentata dal sostituto d’imposta, ovvero dall’azienda o dal datore di lavoro che sostituisce il contribuente nella gestione fiscale delle imposte dovute al Fisco ed allo Stato. In questi casi l’eventuale credito solitamente viene accreditato – o addebitato – direttamente in busta paga ed è assai raro che comporti circostanze di prescrizione.