Cosa succederà per adeguamenti degli assegni delle pensioni promessi dal Governo? Molto probabilmente alcuni trattamenti previdenziali subiranno un taglio.
L’esecutivo aveva parlato di aumenti per le pensioni nell’immediato futuro. Se si saranno davvero, questi aumenti, si concretizzeranno molto probabilmente in versione assai ridotta rispetto a quanto preventivato. E qualche pensionato potrebbe anche scoprire un bel taglio sull’importo. Ecco chi deve stare attento.
In generale, per il Governo la materia delle pensioni sembra indissolubilmente legata ai temi della riforma fiscale e del taglio del cuneo fiscale. Ciò che è chiaro e che non tutto si potrà fare nella legge di Bilancio 2024.
Quasi sicuramente non ci sarà la quota 41 per tutti in tema di riforma delle pensioni. Quindi il Governo proverà a riparare su altre misure. Invece, gli aumenti previsti per le pensioni slitteranno.
Dopo aver annunciato un aumento per tutte le pensioni minime, la premier Meloni ha cominciato a dichiarare che il Governo alzerà tutte le pensioni. Ma è davvero così? Non ci sarà una riforma del sistema… Il Governo virerà su vari aggiustamenti, in particolare sulla quota 103, opzione donna e Ape sociale.
Si parla poi di una proroga dei trattamenti minimi di 600 euro agli over 75 anni, dell’indicizzazione delle pensioni all’inflazione del 2023 (con tasso di circa il 6%), e di misure per garantire pensioni eque ai giovani e con il recupero di nuovi fondi previdenziali.
Taglio agli assegni delle pensioni: decine di euro in meno
Probabilmente molte pensioni subiranno un taglio. Secondo le stime un taglio che si attesterà nell’ordine di qualche decina di euro. E quali assegni riguarderà? Ovviamente quelli più elevati, secondo quanto stabilito dai principi stessi della perequazione.
Chi percepisce pensioni superiori ai duemila euro potrebbe ritrovarsi alle prese con una rivalutazione meno sostanziosa del previsto. Il sistema di rivalutazione, in pratica, applicherà percentuali diverse rispetto a quanto era stato inizialmente disposto. E così si prevede un taglio un po’ pensante: dall’11% a circa il 6%.
Le rivalutazioni, così come aveva previsto Pasquale Tridico dell’INPS, dovrebbero però coinvolgere una quota ridotta degli assegni, al netto di un problema di calcolo o di previsione. Dov’è il vero problema? L’inghippo si nasconde nell’applicazione delle percentuali di rivalutazione ora basato su sei scaglioni anziché tre.
Da gennaio 2023, infatti, sono cambiate le regole sulla rivalutazione pensioni grazie ad nuovo sistema di calcolo a sei fasce che va o sostituire quello vecchio a tre fasce. Gli aumenti per gli assegni più bassi in base la nuovo meccanismo sono già partiti da gennaio 2023, mentre per tutti gli altri gli accrediti arriveranno nei prossimi mesi.
E questa modifica porterà inevitabilmente a riduzioni degli aumenti più significative per gli importi medio-alti. Nello specifico, l’applicazione della rivalutazione scatta sulla percentuale del 100% per pensioni fino a quattro volte il minimo (entro i 2.100 euro lordi mensili).
L’85% è previsto fino a cinque volte al minimo (fino 2.626 euro lordi al mese). 53%: fino sei volte il minimo, fino a 3.150 euro. 47%: fino a otto volte il minimo, pari a 4.200 euro. Infine ci sono la percentuale del 37% (fino a dieci volte il minimo, fino a 5.250 euro mensili) e del 32% (trattamenti oltre le dieci volte il minimo).
Inoltre, gli assegni dovranno essere comunque in grado di garantire ai pensionati il giusto potere d’acquisto rispetto all’aumento dei prezzi. Ma l’indice di inflazione più basso porterà assegni più bassi nell’ordine di qualche decina di euro.