Il rischio maggiore è che molte vengano interrotte e chiuse d’ufficio: scopriamo quali e le motivazioni dell’azione intrapresa dall’Agenzia delle Entrate.
Sono circa 800.000 le Partite IVA in questo momento attenzionate dall’Agenzia delle Entrate e che in questi giorni riceveranno una comunicazione diretta e relativa alla richiesta di chiarire aspetti della propria posizione. L’azione si è resa necessaria da parte dell’Agenzia a seguito di un’indagine statistica conclusa lo scorso 31 Luglio ed è prevista dal Testo unico delle imposte sui redditi in base al Decreto del Presidente della Repubblica numero 917 dello scorso 22 Dicembre.
L’indagine ha fatto emergere che le Partite IVA inattive in Italia sono, appunto, circa 800.000: la loro attività è rimasta immobile per almeno gli ultimi tre anni e dunque l’Agenzia delle Entrate intende chiarire la loro posizione. Gli anni presi in considerazione sono il 2019, il 2020 ed il 2021, durante i quali non sono state presentate dichiarazioni IVA né redditi d’impresa o di lavoro autonomo.
In caso di incongruenze o di mancate risposte, l’Agenzia delle Entrate potrà decidere di provvedere alla chiusura di ufficio delle Partite IVA che ritenga non soddisfino i requisiti necessari per mantenere e proseguire l’attività. La chiusura non sarà immediata, bensì i titolari avranno 60 giorni di tempo a partire dall’avviso per fornire chiarimenti.
Cessazione d’ufficio inappellabile: a chi può essere comminata
Alcune imprese e liberi professionisti, tuttavia, rischiano tutt’altro: il rischio che la chiusura d’ufficio venga loro comminata non riguarda l’inattività, bensì problemi relativi ad una situazione che l’Agenzia delle Entrate ha definitio di possibile “grave e/o sistematica evasione”, così come di “grave e/o sistematico inadempimento fiscale”.
Sono note con l’appellativo di Partite IVA “Apri e chiudi”: ovvero Partite IVA create al solo scopo di lucrare temporaneamente attraverso qualche attività per poi dismetterle poco prima di dover rispettare i termini di pagamento delle imposte dovute. In molti casi, le attività svolte sono risultate vere e proprie truffe.
Quando l’Agenzia delle Entrate rileva il rischio accertato, ecco che dunque procede con la chiusura d’ufficio della Partita IVA. Una volta chiusa, la Partita IVA non potrà più essere ri-attivata. L’unica soluzione per avviare nuovamente un’attività in proprio è di aprire una nuova Partita IVA, con l’obbligo però di presentare contestualmente alla richiesta una fideiussione di tre anni del valore minimo di 50.000 Euro o di importo pari all’ammontare complessivo delle violazioni contestate, se superiori al valore fideiussorio minimo.