Quando il datore di lavoro non versa i contributi al proprio dipendente, questi rischia di perdere in parte o in tutto il diritto alla pensione? Scopriamolo insieme.
Quando si verificano situazioni simili, non a caso vengono definite “brutte sorprese”: parliamo delle circostanze in cui un dipendente, ancora in attività oppure che l’abbia già cessata, scopre che il suo datore di lavoro non ha versato i contributi che le o gli spettano di diritto. E tra gli interrogativi preoccupanti che sorgono in questi casi, uno è legato alla pensione.
Ed è il seguente: manterrò comunque il diritto alla pensione se il mio datore di lavoro non ha versato i contributi (che, tra le altre finalità, hanno proprio quelle di creare il capitale pensonistico di cui beneficerà il lavoratore una volta ritiratosi)? Ebbene, la risposta è rassicurante. Ma con riserva. Proviamo a spiegarlo meglio.
Sì: il lavoratore preserva comunque il proprio diritto alla pensione, anche in caso di omissione dei versamenti dei contributi dovuti da parte del datore di lavoro. Ma attenzione: solo se questi versamenti omessi non sono andati in prescrizione. E la prescrizione in questo caso, come espresso ai sensi dell’articolo 40 della legge n. 153 del 30 Aprile 1969, è quinquennale. Dunque, superati i cinque anni, cosa succede?
L’irricevibilità dei contributi prescritti e la rendita vitalizia
Se i contributi omessi vanno in prescrizione, non li posso quindi più ricevere? Ebbene, secondo l’articolo 3 della legge n. 335 dell’8 Agosto 1995 è così, ovvero i contributi prescritti sono irricevibili perché subentra l’impossibilità di versarli all’INPS anche solo volontariamente. Dunque la lavoratrice o il lavoratore restano sprovvisti della rendita economica di tutela della pensione?
Per fortuna in questi casi l’ordinamento prevede comunque una tutela per il lavoratore: è la rendita vitalizia. Per attivarla, il datore di lavoro che ha omesso il versamento dei contributi “Può chiedere all’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale – come affermato dall’articolo 13 della legge n 1138 del 12 Agosto 1926 – di costituire […] una rendita vitalizia reversibile pari alla pensione o quota di pensione adeguata dell’assicurazione obbligatoria, che spetterebbe al lavoratore dipendente in relazione ai contributi omessi”.
E non è tutto: perché oltre a ciò il lavoratore può comunque rivalersi del danno subito chiedendo il risarcimento in via e sede legale, procedendo in giudizio per ottenere una ammenda proporzionata ai gravi disagi subiti a causa delle omissioni effettuate dal datore di lavoro. Per maggiori informazioni, è consigliabile rivolgersi all’INPS, ai patronati presenti sul territorio o al proprio consulente del lavoro di fiducia.