La riforma delle pensioni potrebbe arrivare in molte forme. Il Governo sta ancora scegliendo tra Quota 41, Quota 96 o Quota 100.
Il nodo da sciogliere per il Governo Meloni adesso è quello delle pensioni. La riforma è attualmente ferma a causa dei fondi che scarseggiano e delle resistenze politiche di molti. Serve prendere una decisione tra le molte proposte messe sul tavolo.
Da anni ormai l’Italia ha bisogno di una riforma delle pensioni che possa accontentare le moltissime parti in causa. Dai sindacati alla politica, dall’INPS al Tesoro fino ai datori di lavoro, le parti sociali coinvolte a vario titolo in questo tema sono moltissime e tutte stanno dicendo la loro. Come per Draghi prima di lei, anche Giorgia Meloni ha il difficile compito di mettere d’accordo le varie parti per realizzare una legge pensionistica che funzioni per il paese. La difficoltà di questa operazione è chiarificata dal fatto che attualmente i lavori sono fermi per l’impossibilità di prendere una decisione tra le molte proposte presentate.
Con tutta probabilità la riforma non uscirà nel 2024 perché le discussioni sono ancora lunghe e non riescono le proposte non riescono a mettere d’accordo neanche le varie voci all’interno della maggioranza di Governo. Si parte dalla Lega, per cui da sempre è l’estensione per tutti di Quota 41 ad essere la soluzione a tutti i mali del sistema. La proposta è quella di estendere a tutti i lavoratori, e non solo a chi ha lavori gravosi, la possibilità di andare in pensione a qualsiasi età a patto di aver completato 41 anni di contributi. La proposta è stata presentata molteplici volte e sempre bocciata con forza, in particolare dall’INPS che la giudica troppo costosa.
L’attuale legge pensionistica italiana sta stretta un po’ a tutte le parti. Secondo la Legge Fornero del 2011, infatti, un lavoratore può andare in pensione di vecchiaia una volta che ha compiuto 67 anni di età e con almeno 20 anni di contributi. Anni di contributi che aumentano nel caso dei contributivi puri, che devono raggiungere una certa soglia contributiva per andare in pensione.
Sul tavolo è stata presentata anche la possibilità di una Quota 96. Questa prevedrebbe il pensionamento all’età di 60 anni con almeno 35 anni di contributi versati all’INPS. Si tratta di una misura ripescata dal passato, che era stata abolita proprio dal Governo Monti per evitare altri esborsi da parte dello Stato in pensioni. La nuova proposta è quella di riportare la misura, ma con il limite di età anagrafica alzato a 61 o 62 anni.
Tra le proposte tra cui scegliere c’è anche un ritorno di Quota 100. La misura del Movimento 5 Stelle è stata già giudicata un fallimento, ma non è possibile escluderla dalla conversazione a prescindere. Varata nel 2019 dal primo Governo Conte, la misura prevede il pensionamento con 62 anni di età anagrafica e 38 anni di età contributiva.
Nel 2022 la misura era stata sostituita con Quota 102, che aumentava l’età anagrafica a 64 anni, mentre ora, nel 2023, abbiamo Quota 103, che riporta l’età anagrafica minima a 61 anni, ma aumenta gli anni di contributi a 41.
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