In base ai rapporti di Confartigianato Imprese, nel 2022 la Pubblica Amministrazione ha mancato di pagare fornitori per un totale di 5,4 miliardi di Euro.
Non ha pagato più del 30% dei propri fornitori: questi i dati emersi dal rapporto realizzato dal CGIA – Confartigianato Imprese, con riferimento all’anno fiscale del 2022, relativamente ai mancati pagamenti dello Stato. Ed il profilo che viene così a delinearsi per la Pubblica Amministrazione senz’altro non è né di vanto né prestigio: perché, purtroppo ed a tutti gli effetti, risulta con evidenza un debitore moroso.
Le cifre parlano chiaro: dei 3.737.000 circa di fatture ricevute, quelle liquidate ammontano a 2.552.000 circa, per un totale di circa 14,8 miliardi di Euro versati a fronte dei 20,2 dovuti. L’ammanco dunque, ovvero i compensi non onorati, relativo ad un totale di circa 1.185.000 fatture, è pari alla considerevole cifra di 5,4 miliardi di Euro.
“Con questa condotta ingiustificabile – ha dichiarato un portavoce di Confartigianato Imprese – l’Amministrazione statale ha spinto verso il baratro moltissime imprese, soprattutto di piccola dimensione”: una denuncia davvero significativa, in particolare se contestualizzata nel periodo attuale di grave difficoltà economica di famiglie e di imprese dovuta ad inflazione e recessione.
Ulteriori considerazioni della CGIA e le condizioni degli altri Paesi europei
Ma, con ogni probabilità, lo scenario è anche peggiore di quello fatto emergere dal rapporto della CGIA: perché, come ha sottolineato l’organizzazione, i dati pubblicati non includono i mancati pagamenti di Regioni, Province, Comuni (comprese le comunità montane ed affini) e delle Aziende Sanitarie. Dunque il “buco” potrebbe assai plausibilmente rivelarsi purtroppo un vero e proprio vortice.
“Pertanto, la denuncia sollevata – ha chiosato l’organizzazione – è, molto probabilmente, solo la punta dell’iceberg di un malcostume che, purtroppo, attanaglia tutta la nostra Pubblica Amministrazione”. Ed i rapporti Eurostat non fanno che gettare benzina sul fuoco: perché, a quanto risulta, nessun Paese europeo presenta risultati peggiori di quelli italiani.
I quali, come confermato dalla sentenza del 28 Gennaio 2020 della Corte di Giustizia Europea, violano ancora una volta l’articolo 4 della direttiva UE 2011/7 che disciplina i tempi di pagamento relativi alle transazioni commerciali tra le amministrazioni pubbliche e le imprese private. Ora l’Italia, a partire dallo scorso 29 Settembre, è stata messa in mora dalla Commissione Europea: e la CGIA torna a suggerire la creazione di una legge sulla compensazione secca, diretta e universale che risolva una volta per tutte l’annoso problema.