I contributi figurativi versati a chi percepisce l’assegno di invalidità penalizzano ai fini della pensione? Vediamolo insieme.
In tanti si chiedono se i contributi figurativi versati ad un lavoratore che percepisce l’assegno ordinario di invalidità possano, in qualche misura, avere un impatto negativo sulla pensione. In questo articolo vi spieghiamo cosa dicono gli esperti.
L’assegno ordinario di invalidità è una prestazione che l’Inps eroga ai lavoratori con almeno il 67% di disabilità certificata. Ha una durata triennale, dopodiché il lavoratore dovrà sottoporsi ad un nuovo accertamento di fronte alla commissione Asl e al medico dell’Inps. Dopo il terzo rinnovo consecutivo, l’assegno ordinario di invalidità diventa definitivo.
Non bisogna confondere l’assegno ordinario di invalidità con la pensione di invalidità: quest’ultima viene erogata a chi non ha contributi e, al raggiungimento di 67 anni, si trasforma in assegno sociale. Per avere diritto all’assegno ordinario di invalidità, al contrario, è indispensabile avere almeno 5 anni di contributi. Chi percepisce l’assegno ordinario di invalidità può anche continuare a lavorare accumulando contributi. Se, però, smetterà l’attività lavorativa gli verranno comunque riconosciuti i contributi figurativi. Ma che succede una volta raggiunta l’età pensionabile?
Contributi figurativi e pensione: ecco la verità
I contributi figurativi sono quei contributi che non sono a carico né del lavoratore né del datore e vengono versati nei periodi in cui un lavoratore – per impossibilità a lavorare, cassa integrazione o maternità – non presta servizio. Possono essere penalizzanti ai fini della pensione? Vediamo cosa dice la normativa vigente.
I contributi figurativi vanno a sommarsi a quelli obbligatori che una persona accumula nei periodi di lavoro. Pertanto non incidono sul quando andare in pensione. Dunque un lavoratore che riceve l’assegno ordinario di invalidità con 5 anni di contributi obbligatori e 15 anni di contributi figurativi, potrà comunque andare in pensione a 67 anni perché avrà raggiunto il requisito contributivo minimo di 20 anni.
Tuttavia i contributi figurativi non incidono sull’importo dell’assegno previdenziale. L’importo, infatti, è determinato unicamente dai contributi versati durante gli anni di lavoro svolto. Tirando le somme, quindi, si andrà in pensione non più tardi ma con un assegno più povero. Ricordiamo che l’assegno ordinario di invalidità, quando una persona compie 67 anni, diventa automaticamente assegno di pensione di vecchiaia ordinaria. Non può mai, invece, dare diritto a nessuna forma di pensione anticipata a meno che l’invalidità non sia pari almeno all’80%.
Se l’invalidità raggiunge tale percentuale allora gli uomini potranno andare in pensione a 61 anni e le donne a 56 sempre con almeno 20 anni di contributi. Se la disabilità riguarda la vista, l’età pensionabile si abbassa ulteriormente a 56 anni per gli uomini e 51 per le donne. Infine è bene ricordare che, se una persona continua a lavorare dopo il riconoscimento dell’invalidità da parte dell’Inps, avrà uno sconto di due mesi per ogni anno lavorato e potrà, dunque, accedere prima alla pensione.