Cosa dice la legge sul comporto rispetto alla disabilità? Chi è divenuto disabile può godere di assenze giustificate?
Il comporto è un numero di giorni entro cui il dipendente può assentarsi dal lavoro per malattia senza rischiare di perdere il posto in riferimento alle troppe assenze. Ovviamente il licenziamento potrebbe avvenire per altre cause. Per esempio, un comportamento incompatibile con i doveri contrattuali.
Un lavoratore può godere del diritto a essere reintegrato e risarcito in caso di superamento del comporto dovuto a mansioni non compatibili con la propria disabilità o, in generale, con il suo stato di salute? La risposta è data da una nuova sentenza, che aggiorna l’interpretazione giuridica della fattispecie.
La legge italiana prevede sempre un periodo di malattia coperto dal rischio licenziamento. E questo periodo si chiama appunto “comporto”. La durata standard è indicata dal contratto collettivo. Dunque, il dipendente assente per malattia non può essere licenziato finché non consuma tutti i giorni previsti dal suo CCNL.
Non è però sempre chiaro che cosa potrebbe succedere a chi contrae una malattia professionale. E che valore abbia il comporto per chi è divenuto disabile. Una recente sentenza del Tribunale di Parma chiarisce molti aspetti sulla questione.
Comporto e dibabilità: la sentenza del Tribunale di Parma chiarisce la situazione
In generale, non conta se l’intermittente presenza del lavoratore possa comportare disagi o danni economici per l’azienda. Tutte le volte che il comporto non è scaduto, il datore non può procedere al licenziamento. Quando invece è scaduto il comporto, il datore ha facoltà di comunicare la risoluzione del rapporto di lavoro senza bisogno di ulteriori motivazioni.
Il periodo di comporto vale per tutti i lavoratori. E anche quelli che subiscono un infortunio sul lavoro sono tenuti a non superare il numero massimo di assenze previste dal contratto collettivo. C’è un però: il dipendente che, scaduto il limite del comporto, non sia ancora guarito potrebbe far ricorso a istituti preposti, chiamando in causa l’aspettativa eventualmente prevista dal proprio contratto collettivo e così allungare l’assenza dal lavoro.
La sentenza in esame ha però stabilito che non è compito del datore di lavoro informare il lavoratore di tale possibilità. Quindi il lavoratore, specie se disabile, deve conoscere i suoi diritti e informarsi sulla possibilità di estensione del comporto. Molte sentenze hanno precisato che anche il lavoratore disabile deve sottostare ai limiti del comporto presente nel contratto. E che non si tratta di discriminazioni.