Sembra che gli italiani debbano definitivamente dire addio alle pensioni al raggiungimento dei 67 anni di età. Il requisito anagrafico non basta più.
Dunque, i 67 anni potrebbero non essere più sufficienti per andare in pensione con la vecchiaia. E non è ancora chiaro cosa accadrà fra qualche anno e quali sono le alternative più sostenibili allo studio del Governo.
Per ora, stranamente, gli italiani sembrano quasi indifferenti alla spiacevole verità. In altri Paesi, come la Francia, per questioni simili, la gente si è ribellata. Con che situazione abbiamo a che fare? Non bella, in effetti.
Fino al 2026 sarà possibile andare in pensione con 67 anni di età e con 41 o 42 anni di contributi. Poi l’età per accedere alle pensioni di vecchiaia tornerà a salire per effetto dell’adeguamento alla speranza di vita e per la volontà del Governo di abbassare i costi della previdenza sociale. L’unica alternativa possibile al momento risiede in una speranza: che il Governo porti a termine una riforma delle pensioni in grado di risolvere il problema, con Quota 41 o con il modello delle pensioni a tranches proposto dall’INPS.
Addio alla pensione a 67 anni: gli italiani lavoreranno fino alla soglia dei 70 o più
Già da tempo la soglia per raggiungere la pensione di vecchiaia non è più un dato fisso. E con l’innalzarsi della speranza della vita, si sposta in avanti anche il limite per poter lasciare il lavoro.
Funziona così anche per pensioni anticipate con 41-42 anni e 10 mesi di contributi versati indipendentemente dall’età anagrafica. I dati dell’ISTAT rivelano che la pandemia ha ridotto la speranze di vita degli italiani di 1,2 anni. La vita media oggi si attesta intorno agli 82 anni. Per la precisione: 79,7 per gli uomini e 84,4 per le donne.
Superato il periodo pandemico, la speranza di vita sta tornato a crescere, e presto scadrà il congelamento dell’indicizzazione dell’età anagrafica voluto dal Governo Draghi. E cominceranno i veri problemi.
In dieci anni si è passati dai 66 anni ai 67. E intorno al 2050 si arriverà a 70 anni. L’esecutivo guidato da Draghi aveva infatti bloccato l’indicizzazione dell’età anagrafica per le pensioni fino al 2026. Ma dal 2027 ci sarà un innalzamento di 2-3 mesi ogni due anni. E gli automatici adeguamenti, previsti dalla riforma Fornero, interesseranno tutte le prestazioni erogate dalla previdenza pubblica obbligatoria.
Il primo adeguamento è avvenuto nel 2013 ed è stato pari a 3 mesi. Nel 2016 la lancetta è andata avanti di 4 mesi. Il terzo adeguamento del 2019 è stato pari a 5 mesi. Poi, il quarto adeguamento, per il biennio 2021-2022, è stato nullo a causa del Covid-19. Stessa storia per il quinto e il sesto, previsti per il biennio 2023-2024 e per il biennio 2025-2026.
Si vivrà più a lungo ma si dovrà lavorare di più. Quota 41, la pensione con 41 anni di contributi, sembrava una possibile soluzione tampone per questi primi anni, ma secondo l’INPS costa troppo. Non ci sono fondi. La pensione in due tranches è l’altra misura al vaglio. Funzionerà?