Troppi punti interrogativi pendono sulla riforma delle pensioni: in particolare il Governo dovrà sciogliere due nodi il prima possibile.
La riforma delle pensioni è un obiettivo di legislatura del Governo Meloni che, però, deve anche fare i conti con un deficit non trascurabile. Vediamo insieme cosa potrebbe accadere a breve.
Il deficit pende sul nostro Governo come una spada di Damocle. E questo sta avendo ripercussioni negative su un ambito in particolare: quello delle pensioni. La prossima settimana ci sarà un nuovo incontro tra i sindacati e il ministro del Lavoro Marina Calderone ma solo a settembre, dopo la presentazione della Nota al Def – la Nadef – si potranno tirare le somme e gettare le basi per la legge di Bilancio 2024. Fino a settembre possiamo solo fare ipotesi più o meno probabili. Nel frattempo, tuttavia, possiamo analizzare quali sono i nodi più importanti che l’Esecutivo è chiamato a sciogliere quanto prima. Due sono particolarmente urgenti.
Pensioni: ecco cosa succederà
Da un lato c’è la volontà di superare la legge Fornero che non agevola l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro; dall’altro bisogna fare i conti con risorse finanziarie insufficienti. In particolare a rischio due misure di pensione anticipata.
Il Governo è chiamato a dare risposte, soprattutto, su Quota 41 e Opzione donna. Quota 41 consente di andare in pensione al raggiungimento di 41 anni di contributi a prescindere dall’età anagrafica. Al momento è fruibile solo da queste categorie:
- lavoratori precoci che hanno versato almeno 1 anno di contributi prima di aver compiuto 19 anni;
- lavoratori addetti a mansioni usuranti;
- lavoratori con una percentuale di invalidità pari o superiore al 74%.
Intenzione di Governo e sindacati è estenderla a tutti ma ciò rischia di mandare in tilt tutto il sistema previdenziale che potrebbe essere messo in crisi da troppe uscite anticipate. Per porre rimedio il Governo ha proposto di applicare a tutti gli assegni pensionistici il sistema di calcolo contributivo puro. Ma questo potrebbe comportare tagli anche di 300 euro sulle pensioni.
Il secondo nodo da sciogliere è Opzione donna: questa misura di prepensionamento sarebbe dovuta essere abolita nel 2022; il Governo Meloni ha deciso di prorogarla per tutto il 2023 ma con requisiti più stringenti. Infatti, al momento, possono beneficiare di Opzione donna solo 3 categorie di lavoratrici: caregiver, dipendenti di aziende in crisi e lavoratrici con disabilità pari o superiore al 74%. Il requisito contributivo è di 35 anni mentre quello anagrafico è stato spostato da 58 anni a 60. I sindacati premono affinché Opzione donna torni ad essere fruibile per tutte e già a 58 anni.
Se il Governo non scioglierà questi due nodi è probabile che, ancora per il 2024, verranno prorogate delle “misure ponte” come Quota 103 e Ape sociale. Nel frattempo è abbastanza evidente la volontà di incentivare forme di pensione integrativa anche attraverso sgravi sociali soprattutto per i giovani con meno di 35 anni. In questo modo si darebbe un po’ di respiro alle casse dell’Inps.