I sindacati premono per l’erogazione dell’assegno di garanzia, una prestazione fondamentale per tutelare i contribuenti.
Le pressioni dei sindacati per la Riforma delle pensioni diventano ogni giorno più insistenti. Le richieste riguardano non solo la conferma degli strumenti di pensione anticipata come Opzione Donna, APE Sociale e Quota 103, ma anche la regolarizzazione dell’assegno di garanzia.
Si tratta, infatti, di una misura essenziale per i giovani perché di contrasto al precariato e ai salari eccessivamente bassi.
L’assegno di garanzia è destinato ai lavoratori che hanno iniziato la propria carriera dopo il 1996 e che, dunque, soggiacciono al sistema di calcolo contributivo. Tale categoria è molto svantaggiata perché il sistema contributivo risulta maggiormente penalizzante se inserito in un contesto di discontinuità lavorativa come quello attuale, caratterizzato da contratti a tempo determinato e da retribuzioni inadeguate.
Assegno di garanzia: a chi è rivolto e perché è fondamentale?
Il Rapporto 2023 sul coordinamento della finanza pubblica della Corte dei Conti ha analizzato la posizione di ben 56 mila lavoratori. Nel dettaglio, sono stati raggruppati in 11 figure tipo, differenziando tra dipendenti privati e pubblici, lavoratori autonomi, parasubordinati e coltivatori.
I dati raccolti sono decisamente preoccupanti. Ben il 28% dei giovani lavoratori percepisce uno stipendio lordo inferiore a 28 mila euro. Questo elemento ha ripercussioni negative anche sull’anzianità contributiva. Dall’analisi sono emerse anche una serie di diseguaglianze tra varie categorie di lavoratori. Il settore sanitario e le forze armate risultano quelli con gli stipendi più elevati e la carriera più stabile, con un montante contributivo medio di 178 mila e di 235 mila euro.
Si tratta di un allarmante divario con gli altri lavoratori, se si considera anche che in 6 ipotesi su 11 il montante contributivo utile ai fini del calcolo dell’assegno pensionistico non supera quota 100 mila euro. Per i coltivatori diretti, poi, lo scenario è disastroso e molto più disomogeneo. Essi, infatti, risultano essere i lavoratori maggiormente svantaggiati, con stipendi medi compresi tra 11 mila e 12 mila euro ed un montante contributivo medio di circa 65 mila euro. Per finire, i disoccupati possono contare su un montante di 74 mila euro e i lavoratori parasubordinati su uno di 54 mila euro.
Dal Rapporto della Corte di Conti risulta anche un lieve miglioramento delle condizioni dei dipendenti privati, anche se, in tale ambito, le differenze di genere sono ancora troppo evidenti. Il montante contributivo degli uomini, infatti, ammonta in media a 138 mila euro, mentre quello delle donne a 117 mila euro.
Alla luce di quanto finora illustrato, i sindacati hanno avviato una vera e propria battaglia diretta all’inclusione, nel calcolo della pensione, dell’assegno di garanzia, soprattutto per i periodi di disoccupazione o di bassa retribuzione, per consentire a tutti di percepire una prestazione dignitosa.