La sentenza della Corte Costituzionale arriva in soccorso dei molti statali in attesa. Questi lavoratori potranno ora avere le idee chiare.
I problemi di chiarezza sull’uscita dal lavoro per i dipendenti pubblici era passata sotto l’attenzione della Corte Costituzionale da qualche tempo. Si parla del TFS e del TFR, argomenti che stanno molto a cuore ai dipendenti statali che vogliono lasciare il lavoro.
Il TFS, Trattamento di Fine Servizio, e TFR, Trattamento di Fine Rapporto, sono due assegni che vengono percepiti da un lavoratore in seguito alla fine del rapporto di lavoro con il datore. L’utilizzo di queste misure deve essere specificato nel contratto di lavoro firmato dalle due parti, ma nei contratti collettivi per i dipendenti pubblici questo è già incluso. Questo significa che tutti i dipendenti pubblici hanno diritto al trattamento TFS o TFR una volta che lasciano il proprio lavoro per la pensione o in seguito a un licenziamento o altre cause. Queste prestazioni hanno un metodo di riconoscimento molto specifico.
Nello specifico sono i tempi di consegna degli assegni a far discutere. Il TFS infatti non viene corrisposto immediatamente, ma in due quote distinte: la prima viene percepita un anno dopo la fine effettiva del rapporto, la seconda l’anno dopo ancora. Questo viene fatto perché il TFS non pesi troppo sulle finanze dello Stato. Il problema si è rivelato durante la crisi economica dell’anno scorso in seguito all’impennata dell’inflazione. Molti lavoratori andati in pensione nel 2022 non potevano aspettare un anno per ottenere i soldi del TFS. La situazione economica richiedeva che i soldi venissero corrisposti subito.
Il problema dei TFS anticipati e la decisione della Corte Costituzionale
Davanti a questo bisogno dei lavoratori pubblici alcuni enti locali hanno deciso di concedere ai lavoratori di ottenere immediatamente il TFS invece di aspettare il tempo solitamente necessario. Questo episodio è stato poi fatto passare al vaglio della Corte Costituzionale per capire se il TSF anticipato è qualcosa che dovrebbe rientrare tra i diritti dei lavoratori. La Corte ha atteso molto prima di prendere una decisione perché in gioco c’erano molte questioni, non solo il semplice assegno per i lavoratori.
I primi a mettersi le mani nei capelli per questa faccenda sono gli operatori dell’INPS. Secondo i portavoce dell’ente previdenziale, infatti, se la Corte avesse considerato valido il TFS anticipato si sarebbero dovuti pagare immediatamente circa 14 miliardi di euro di TFS ai lavoratori. Si tratta di una cifra eccessiva per le casse dello Stato, soprattutto considerando i piani di investimento del Governo in altre misure economiche.
La soluzione offerta dalla Corte
Dopo molto tempo e dopo molte consultazioni la Corte Costituzionale si è pronunciata sulla questione optando per una soluzione politica che mettesse d’accordo tutti. Considerando che il pagamento ritardato del TFS contrasta con il diritto di giusta retribuzione del lavoratore, la Corte suggerisce di ridurre i tempi di liquidazione in maniera graduale per non far esplodere i conti dell’INPS.
Questa uscita graduale sarà da realizzarsi “in ossequio ai principi di adeguatezza della retribuzione, ragionevolezza e proporzionalità”. Questa è la decisione presa dalla Corte Costituzionale, che si è comunque pronunciata a favore della liquidazione anticipata del TFS, ma ha dovuto scendere a patti con le necessità finanziarie dell’INPS.