In attesa della Riforma delle pensioni, si riaccende il dibattito sulle misure di uscita anticipata. Le opportunità a disposizione sono varie.
Quota 103, Quota 41, Ape sociale, Opzione Donna e Pensione di Garanzia, quale sarà il futuro di questi strumenti di flessibilità in uscita?
Il Governo sta pensando a degli espedienti per superare la Legge Fornero, al fine di consentire l’accesso alla pensione anticipata ad una platea più estesa di beneficiari e, allo stesso tempo, promuovere il ricambio generazionale nel mondo del lavoro.
Il 26 giugno c’è stato un incontro molto importante tra Esecutivo e parti sociali, per discutere sulle misure da adottare per sbloccare le trattative sulla Riforma del sistema previdenziale. Il tempo, infatti, stringe e i provvedimenti andranno adottati entro la fine del 2023, quando scadrà la validità della maggior parte degli espedienti di anticipo pensionistico, come Quota 103, Opzione Donna e Ape Sociale.
Lo scopo principale del Governo sarebbe quello di garantire Quota 41 per tutti i contribuenti, indipendentemente dall’età anagrafica. Al momento, tuttavia, il progetto appare irrealizzabile per la carenza di idonee risorse finanziarie. L’uscita anticipata di tutti i lavoratori con 41 anni di contribuzione costerebbe, in totale, ben 75 miliardi in 10 anni. Almeno per il 2024, dunque, Quota 41 non ci sarà.
Una valida alternativa potrebbe essere il rinnovo di Quota 103, che scadrà il prossimo 31 dicembre. Si tratta di una misura che consente di smettere di lavorare a 62 anni e con 41 anni di contributi. L’ipotesi, però, non piace né ad una parte della maggioranza politica né ai sindacati.
Molto dibattuta è la proroga dell’Ape Sociale, che consente, a determinate categorie di lavoratori, di beneficiare del pensionamento anticipato con un’anzianità anagrafica di 63 anni e una contributiva di almeno 30- 35 anni.
La misura è accessibile a:
La cifra massima erogabile è di 1.500 euro (per 12 mensilità) fino al raggiungimento dell’età pensionabile, quando la misura si trasformerà in pensione di vecchiaia.
Di recente, la Ministra Maria Elvira Calderone ha ammesso che l’Ape Sociale potrebbe essere estesa a più contribuenti. Tale operazione era già stata attuata nel 2021, quando erano state aggiunte nuove categorie di beneficiari alle 11 originarie.
L’obiettivo è quello di allargare ulteriormente la platea dei titolari, considerando il successo che ha avuto negli anni lo strumento pensionistico.
Il Governo dovrà decidere il destino di altre due misure: Opzione Donna e la Pensione di Garanzia per i giovani, introdotte per tutelare due categorie di contribuenti ritenute svantaggiate.
Relativamente ad Opzione Donna, si potrebbe ritornare ai vecchi requisiti, ossia 58 anni per le dipendenti e 59 anni per le autonome e 35 anni di contribuzione. Allo stesso modo, potrebbe venir meno l’attuale restrizione che prevede tra le beneficiarie della misura solo le caregivers da almeno 6 mesi di familiari disabili gravi, le invalide al 74% e le licenziate o dipendenti di aziende in crisi.
La Pensione di Garanzia Giovani, invece, ha lo scopo di tutelare i lavoratori che ricadono nel sistema contributivo puro (molto più penalizzate del retributivo e del misto) e che rischiano di percepire un assegno pensionistico troppo basso a causa di carriere discontinue.
Lo strumento prevede che coloro che hanno almeno 20 anni di contribuzione possono andare in pensione, dal 2030, percependo un importo non minore di 780 euro.
I destinatari sono:
Sia per Opzione Donna sia per la Pensione di Garanzia Giovani, le trattative sono appena cominciate e bisognerà attendere l’eventuale raggiungimento di un accordo tra Governo e parti sociali.
Si discute, infine, sul potenziamento dei fondi complementari e di una possibile riduzione della tassazione su tali rendite, anche al fine di incentivare i lavoratori a destinare il proprio TFR verso tale forma di previdenza.
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