I risparmiatori che hanno inserito nel proprio portafoglio BPT emessi dopo il 2013 hanno automaticamente sottoscritto anche le CACS. Ecco cosa sono e perché possono portare ad un taglio del titolo del 50%.
CACS, ovvero: “Collective Action Clauses” che, in italiano, significa “Clausole di azione collettiva coercitiva”. Si tratta di procedure che si attiverebbero automaticamente nel caso in cui venisse avviata una ristrutturazione del debito sovrano, con conseguenze su alcuni BTP (ovvero una tipologia di titolo di stato italiano) anche gravi, come la perdita fino al 50% del loro valore.
In altre parole, quando lo Stato si trova nella necessità di dover affrontare una situazione finanziaria grave, può allora decidere di modificare il contratto stipulato su ogni BPT con il risparmiatore che lo ha acquistato e cambiarne i termini. Questo, di per sé, proprio a tutela del risparmiatore: perché, proprio a causa della crisi finanziaria, il rimborso rivisto con tagli fino al 50% potrà avvenire mentre, senza effettuare alcuna modifica, il risparmiatore rischia di perdere tutto.
In alternativa, lo Stato può decidere, sempre in condizioni di crisi finanziaria, di allungare la scadenza del rimborso, in modo da poter garantire il ritorno del capitale a crisi conclusa e dunque non far rimettere – o far rimettere di meno – al risparmiatore. Per questi motivi le clausole CACS sono un rischio che ogni risparmiatore che abbia acquistato BTP dopo il 2013 teme: perché sono incluse in automatico, ed in via impositiva, con i buoni acquistati.
Alcuni vantaggi delle CACS e come evitarle per ridurre il rischio
Dunque i BTP acquistati dopo il 2013 prevedono automaticamente i CACS, ma non è così per i BTP prima del 2013. Dunque, comprando sul secondario BTP emessi prima del 2013, ecco che queste clausole non ci sono. Quindi anche il rischio è molto inferiore perché non sussiste per questi titoli la stessa forma di imposizione a discrezione dello Stato. Così come per i BOT di durata inferiore ai 12 mesi, anch’essi esenti dalle CACS.
Conviene dunque non sottoscriverle? Ebbene, dipende da numerosi fattori, ognuno dei quali deve essere valutato con attenzione da ciascun risparmiatore al fine di compiere la scelta più adatta alla propria condizione ed alle proprie esigenze. Partiamo, ad esempio, innanzitutto dalla rendita: i BPT soggetti alle CACS hanno rendimenti più alti, proprio per compensare ai rischi maggiori.
Oggi un rendimento lordo di BPT senza CACS può raggiungere il 2,94% mentre un BPT con i CACS il 9%, ovvero oltre il triplo. Inoltre il rischio dell’attivazione delle CACS va commisurato costantemente con la reale condizione finanziaria del Paese, sia attuale come risultato delle condizioni ereditate sia prevedibile nel breve-medio termine futuro, in modo da poter valutare con accortezza quale forma di investimento sia preferibile e il meno possibile rischioso. Insomma una materia da “masticare” e trattare con cura estrema per non mandare in fumo risparmi accantonati con sacrificio, spesso purtroppo anche quelli di una vita intera.