È una persecuzione, una caccia all’uomo, ma dopo cinque o sei telefonate i ruoli si ribaltano ed è il debitore a potersi rivalere.
Mai saltare una rata nell’era dei call center. I dipendenti di solito fanno il possibile per uscire dalla precarietà e s’impegnano al massimo per ottenere dei risultati tali da garantire loro un contratto di lavoro migliore. Come rimproverarli? Tanto più se il bersaglio è palesemente dalla parte del torto, come un debitore inadempiente. E allora iniziano le telefonate, le email, i richiami, gli avvisi. Il tono può essere garbato quanto si vuole, tuttavia l’effetto psicologico è facilmente disturbante.
Tutto può cominciare per un piccolo errore, che lascia poca liquidità sul conto corrente, sicché la società finanziaria vede venir meno l’incasso previsto. Un guaio. Qualcuno però ha veramente esagerato, perché in una sentenza il giudice ha potuto riferirsi a un totale di sei telefonate al giorno, sempre allo stesso debitore. Somme importanti, forse. Tra gli altri, spunta il caso di un signore che non ha versato 33mila euro; lui pure comunque merita una serata di tutto riposo a casa propria. È vero, è una colpa non mantenere la parola. Il fatto è che una tempesta di telefonate ed email causa malessere psicologico. Troppo zelo, insomma, da parte del creditore.
Petulanza inammissibile per il codice penale
La corte di Cassazione ha redarguito severamente questi comportamenti ossessivi, applicando l’articolo 660 del codice penale. Si tratta di “petulanza e disturbo alla persona”, un’insistenza illecita che non è consentita nemmeno a chi ha ragione. Non è ammissibile, hanno chiarito i giudici, che venga messa in difficoltà la vita privata di una persona o la sua vita di relazione. Si ha tutto il diritto alla tranquillità in famiglia, pur dovendo onorare un debito e trovandosi anche in ritardo. Peggio ancora, se il creditore insiste al punto da chiamare gli stessi familiari o anche gli amici per sollecitarli a stimolare un pagamento.
È biasimevole, non si fa, anzi si rischia l’arresto per molestie fino a sei mesi o un’ammenda fino a 516 euro. Richiamarsi alla circolare ministeriale del 20 dicembre 2021, che consente di accedere a registri pubblici per rintracciare amici e parenti del tartassato, è lecito, ma non giustifica la petulanza. Con cinque o sei chiamate si configura la violazione dell’articolo 660: fanno fede in proposito i tabulati. Se il debitore non risponde, la telefonata viene considerata come avvenuta, perché il tentativo di contatto, per mezzo della suoneria è comunque perturbante. Si calcola persino l’email, nel caso in cui venga emessa una notifica audio, che interrompe il flusso di coscienza più sereno, animando cupe immagini spettrali.
La legge tutela la quiete domestica del debitore
In un caso, il titolare dell’agenzia di recupero crediti non è stato giudicato colpevole del reato di molestie, perché la società aveva emesso un codice deontologico, disatteso dai dipendenti del call center. Alcuni di loro, da quanto risulta, hanno usato numeri di telefono diversi, allo scopo di raggiungere il tartassato sotto mentite spoglie, per fargli ulteriore pressione. Le obiezioni delle agenzie di credito non sono state sufficienti, pur invocando gli atti del Garante della Privacy e il codice di condotta per i processi di riscossione del credito, sottoscritto da Unirec e dalle associazioni dei consumatori. Il limite è per questo documento di tre telefonate al giorno.