Gli invalidi hanno diritto a 30 giorni di permesso all’anno per sottoporsi a cure e terapie. Si può frazionare tale periodo a ore?
Il Decreto Legislativo n. 119 dell’11 agosto 2011 ha introdotto la facoltà per i lavoratori dipendenti affetti da una riduzione della capacità lavorativa maggiore del 50% di beneficiare di 30 giorni all’anno di permesso dal lavoro.
Tale periodo deve essere usato per sottoporsi a cure e terapie legate alla patologia posseduta. È consentito richiedere al datore di lavoro il congedo per cure a ore? Oppure il dipendente è obbligato ad assentarsi per l’intera giornata?
La normativa di riferimento non chiarisce se il congedo per cure possa essere fruito a ore e non contiene alcun divieto in tal senso. La misura, tuttavia, è assimilata al periodo di malattia e, per tale ragione, si ritiene che possa essere frazionata solo in giorni e non in ore.
Di conseguenza, il lavoratore che intende beneficiare del permesso è obbligato a richiedere l’intera giornata, a prescindere dal tempo impiegato per le cure. Ad esempio, se deve compiere una terapia di 2 ore al giorno per 10 giorni, dovrà necessariamente assentarsi dal lavoro per tutti i 10 giorni.
Congedo per cure: quali sono le condizioni per richiederlo?
Il congedo per cure non è rivolto a tutti i disabili ma solo a coloro che possiedono specifici requisiti.
Innanzitutto, le cure e le terapie devono riferirsi esclusivamente alle malattie possedute che causano l’invalidità superiore al 50%. Non vi rientrano, quindi, le normali visite mediche o le prestazioni come le analisi del sangue di routine. Per questo motivo, i beneficiari devono dimostrare la necessità delle cure tramite apposita richiesta di un medico convenzionato con il SSN o appartenente ad una struttura sanitaria pubblica.
Per usufruire dell’agevolazione, inoltre, è necessario presentare apposita domanda al proprio datore di lavoro. La richiesta deve contenere le seguenti informazioni:
- documenti che accertano la concessione dell’invalidità civile superiore al 50%;
- certificato del medico del SSN o della struttura pubblica sanitaria, dal quale risulta la necessità delle cure o delle terapie collegate alle patologie possedute dal lavoratore. A tal fine, è valida anche la certificazione emessa dal medico di famiglia;
- specificazione dei giorni di congedo che si vogliono usare;
- documentazione o attestazione rilasciata dalla struttura sanitaria presso la quale sono state effettuate le cure, da consegnare al datore al momento della ripresa dell’attività lavorativa.
Il congedo è retribuito? La differenza tra il lavoro pubblico e privato
I giorni di permesso per effettuare terapie o cure, concessi ai disabili al 50%, sono retribuiti dal datore di lavoro. Nello specifico, al dipendente spetta lo stipendio accreditato durante le giornate di assenza per malattia.
I dipendenti privati, tuttavia, hanno diritto solo all’importo che è a carico del datore, perché non sorge alcun obbligo di indennizzo da parte dell’INPS. Ciò significa che, per i lavoratori privati solo i primi 3 giorni di assenza (cd. periodo di carenza) sono pagati per intero.
I dipendenti pubblici, invece, hanno diritto alla retribuzione spettante durante il periodo di malattia e, dunque, subiscono la decurtazione della paga durante i primi 10 giorni di interruzione dell’attività lavorativa.
Non vanno, poi, calcolati nei 30 giorni di congedo il sabato e la domenica, a meno che non siano specificati nella certificazione rilasciata dalla struttura presso la quale sono state compiute le terapie.
In ogni caso, si consiglia di controllare quanto stabilito dal Contratto Nazionale di Lavoro di riferimento e, in caso di dubbi, richiedere l’assistenza di un Patronato.