Fin da piccoli ci insegnano che solo studiando, imparando e lavorando potremo avere successo nel mondo del lavoro. Ma non è (sempre) così.
Presto e bene non conviene, recita un antico adagio. Applicato al mondo del lavoro, questo principio si traduce nella convinzione che più tempo si impiega per svolgere un dato compito, più questo è difficile o viene eseguito meglio. Ed è un errore: il management è purtroppo un’altra cosa…
Partiamo da un esempio concreto. Di fronte a un problema da risolvere, cos’è che conta di più? Il tempo o la competenza e la capacità di inventarmi dei metodi, modelli e strumenti per risolverlo? La risposta è scontata. Il punto è che il lavoro viene valorizzato in base al tempo impiegato, per cui, invertendo la logica, più si è incompetenti e più si vale. O no?
Il paradosso dell’incompetenza dalla A alla Z
Stando così le cose, un manager e i suoi collaboratori sono disincentivati a migliorarsi e a sperimentare nuove soluzioni per svolgere prima e meglio le rispettive mansioni. Il che, nel lungo termine, si traduce nell’improduttività delle risorse. Insomma, il discorso si riduce all’antica questione della quantità versus qualità.
In un mondo ideale è la competenza che viene premiata, e l’efficienza va a vantaggio – anziché a discapito – del dipendente: prima un certo lavoro viene portato a termine, più viene apprezzato, con l’eventuale tempo extra che potrà essere speso per attività, iniziative o progetti di interesse per sé e/o per l’azienda. Invece, purtroppo, in molti ambienti di lavoro si continua a seguire una logica distorta: se tizio è troppo veloce a eseguire un compito, il datore si rammarica al pensiero che gli sta pagando del tempo improduttivo.
Occorre una nuova visione per essere all’altezza delle sfide che ci attendono nel breve, medio e lungo termine. Dobbiamo metterci in testa che il compenso della nostra competenza, in realtà, è sempre il tempo – e cioè quanto di più prezioso abbiamo nella nostra vita. Più competenza uguale più tempo da poter investire per sé e per gli altri, secondo un meccanismo win-win. Con il datore di lavoro che, lungi dall’essere penalizzato, ha tutto da guadagnarci. Sarà difficile scardinare una mentalità tanto sbagliata quanto radicata nel mondo del lavoro italiano e delle aziende in particolare. Ma siamo fiduciosi che ciò potrà accadere.