La comproprietà di un bene, in particolare di un immobile in Italia è regolata da una serie di regole precise. Andiamo a vedere come funziona.
La regolamentazione per quanto riguarda l’utilizzo di beni in comunione in Italia è estremamente precisa. Bisogna conoscere bene queste leggi perché altrimenti potremmo cadere in comportamenti non previsti dalla legge e passare dei guai.
La comproprietà o comunione di un bene, in particolare se un immobile, è molto più comune in Italia di quanto non si possa immaginare. Basti pensare che la maggior parte dei matrimoni prevedono la comunione dei beni della coppia e questo presuppone già che entrambe le persone abbiano dei beni in comunione. Sebbene in molte situazioni si possa usufruire dei beni in comunione con una certa libertà di azione, conoscere approfonditamente le leggi che regolano questa condizione dei beni appartenenti a più persone può permettere di evitare situazioni spiacevoli.
Si parte dal presupposto che la comproprietà di un bene preveda che entrambe le parti siano proprietarie di una quota ideale sull’intero bene di cui possono usufruire a piacimento. Nel caso più comune della comunione dei beni in una coppia di coniugi la quota è del 50% e vale sia per tutti i beni in possesso della coppia prima della matrimonio, per cui c’è la comunione dei beni salvo diversa dichiarazione al momento della firma del contratto, sia per gli acquisti che verranno fatti da ogni membro della coppia dopo il matrimonio. Nella comunione dei beni rientrano tra le comproprietà tra coniugi anche le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio, così come gli utili e gli incrementi delle aziende anche se queste appartenevano a uno solo di essi prima del matrimonio
Secondo le leggi in vigore nel 2023 ognuno dei comproprietari di un bene immobiliare in comunione può utilizzare tale bene senza escludere l’altro comproprietario.
Nei casi in cui, per qualunque motivo, l’utilizzo comune non è possibile le regole in vigore prevedono che i comproprietari possano accordarsi o per stabilire turni di utilizzo dell’immobile (uso diretto) oppure dare l’immobile in affitto e dividere i ricavati secondo le rispettive quote di comproprietà (uso indiretto).
Il limite più restrittivo dell’applicazione della comunione dei beni è il fatto che nessuno dei due comproprietari può fare uso esclusivo del bene escludendo l’altro. In questo caso può essere necessario un pagamento. In merito si è espressa la Corte di Cassazione che ha stabilito che in questo caso il comproprietario che fa uso esclusivo del bene deve pagare agli altri comproprietari una cifra relativa alla loro quota di proprietà.
Altre regole si applicano in caso di azioni legate al bene comune, quali la vendita. In questo caso per poter procedere con la transazione è necessario che tutti i comproprietari del bene siano d’accordo e che debbano firmare l’atto di compravendita.
Nel caso in cui avvenga un atto di compravendita senza che uno dei comproprietari del bene sia stato informato o abbia dato il suo consenso, quest’ultimo può rivolgersi entro un anno a un giudice per annullare il contratto.
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