Le regole per la determinazione della pensione delle Partite IVA hanno delle peculiarità. Quali sono i requisiti per smettere di lavorare?
Gli imprenditori e i liberi professionisti titolari di Partita IVA, al pari dei lavoratori dipendenti, soggiacciono alle regole imposte dalla Legge Fornero. Di conseguenza, possono accedere alla pensione con 67 anni di età e almeno 20 anni di contributi, oppure usufruire della pensione anticipata ordinaria, con 42 anni e 10 mesi di contribuzione, se uomini, e 41 anni e 10 mesi di contribuzione, se donne.
Per gli iscritti a Casse o Gestioni previdenziali private, tuttavia, ci sono delle eccezioni, relative sia all’età pensionabile sia al computo dei contributi e alla possibilità di usufruire degli strumenti di pensione anticipata.
In particolare, in base alla professione svolta, i titolari di Partita IVA devono aderire a:
- Casse di previdenza per i liberi professionisti con Albo professionale;
- Gestione Separata INPS per i liberi professionisti senza cassa;
- Gestione Artigiani e Commercianti INPS per gli artigiani e i commercianti.
Pensione con Partita IVA: in che modo si calcola? I tre sistemi disponibili
Il metodo di calcolo dell’assegno pensionistico dipende dal momento in cui il lavoratore ha iniziato a versare i contributi. Nel dettaglio:
- per chi ha raggiunto almeno 18 anni di contribuzione al 31 dicembre 1995, viene usato il sistema misto, cioè retributivo per i contributi accreditati fino al 31 dicembre 2011 e contributivo per quelli successivi al 1° gennaio 2012;
- per chi ha meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995, vige il sistema retributivo per l’anzianità raggiunta fino al 31 dicembre 1995 e contributivo per i periodi successivi al 1° gennaio 1996;
- per chi ha iniziato a versare contributi a partire dal 1° gennaio 1996, si applica il sistema contributivo puro. In tal caso, l’importo della pensione è calcolato prendendo in considerazione il montante contributivo (cioè il totale dei contributi versati), il tasso annuo di capitalizzazione ISTAT e il coefficiente di trasformazione (l’aliquota fissata dal Ministero del Lavoro, aggiornata ogni 3 anni sulla base dell’adeguamento dell’età pensionabile alle aspettative di vita).
Le pensioni dei titolari di Partita IVA variano in base all’anzianità contributiva e alla Cassa previdenziale di appartenenza. In linea di massima, il loro ammontare è compreso tra il 35% e il 45% dell’ultimo stipendio percepito.
Le prestazioni, inoltre, possono essere integrate al trattamento minimo, se, applicando il sistema retributivo, la cifra spettante è inferiore a 563,73 euro al mese, cioè 6.829,94 euro all’anno.
Facciamo degli esempi. Con 20 anni di contribuzione, un lavoratore autonomo che usufruisce della pensione di vecchiaia a 67 anni percepisce un assegno di circa 1.300 euro lordi al mese.
Chi, invece, beneficia della pensione anticipata ordinaria a 42 anni e 10 mesi di contributi, con una retribuzione annua di 25 mila euro e un’anzianità anagrafica di 65 anni, avrà diritto ad un assegno di circa 1.150 euro al mese di pensione. Con una retribuzione annua di 20 mila euro, invece, la pensione ammonterà a circa 920 euro.
Le Partite IVA più penalizzate, di solito, sono gli artigiani perché hanno redditi variabili e spesso inferiori rispetto agli altri lavoratori autonomi.
Cumulo tra la pensione e i redditi da lavoro: è possibile per le Partite IVA?
I pensionati Partite IVA sono, per certi versi, penalizzati al momento dell’accesso alla pensione, però il loro assegno è compatibile con i redditi da lavoro (dipendente o autonomo). Questo vuol dire che possono svolgere un’altra attività da pensionati, senza rischiare una riduzione della prestazione.
La facoltà spetta nel caso di pensione di vecchiaia, pensione anticipata o di anzianità, che seguono il sistema misto o retributivo. I contributivi puri, invece, possono cumulare la pensione con i redditi da lavoro solo se hanno compiuto almeno 60 anni di età, se donne, o 65 anni, se uomini, hanno non meno di 40 anni di contribuzione oppure hanno almeno 35 anni di contributi e 61 anni di età.
Il cumulo, inoltre, non spetta a chi percepisce la pensione di invalidità (pena la decurtazione della prestazione), ai titolari di pensione di inabilità e ai beneficiari di Quota 100, Quota 102 o Quota 103, fino al raggiungimento dei 67 anni di età.