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Riforma pensioni: il Governo ritorna sulla previdenza complementare con i fondi pensioni ma i rendimenti non convincono

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Antonia Festa

Gli importi delle pensioni sono sempre più bassi e molti contribuenti decidono di affidarsi alla previdenza complementare. È la scelta giusta?

Negli ultimi anni, i Fondi pensione hanno riscosso un enorme successo tra i lavoratori, speranzosi di avere assegni previdenziali più elevati.

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I Fondi pensione sono meno convenienti di quanto si pensi (ilovetrading.it)

Con il passaggio dal sistema di calcolo retributivo a quello contributivo, ad esempio, molti italiani hanno iniziato a cercare metodi alternativi per integrare l’assegno pensionistico, terrorizzati dai tagli degli importi. Milioni di lavoratori hanno aderito ai Fondi di pensione complementare, convinti di ammortizzare eventuali perdite economiche. Sono soprattutto i giovani ad essere attratti dalle rendite integrative, timorosi di avere pensioni da fame.

Molti contribuenti, tuttavia, non sanno in che modo gestire la pensione integrativa e non conoscono le reali modalità in cui i gestori dei Fondi investono i loro soldi sui mercati finanziari. Cosa si cela, dunque, dietro la pensione complementare?

Lo scorso anno, con l’incremento dell’inflazione, i Fondi pensione inglesi hanno perso una quantità sproporzionata di denaro, spingendo gli esperti a valutare la reale convenienza di tali strumenti. I rendimenti dei Fondi non sono una valida garanzia per i lavoratori neanche in Italia. A dimostrarlo sono i recenti dati statistici COVIP.

Sul lungo periodo, il TFR ha avuto un rendimento maggiore di quelli dei Fondi pensione. Rispetto al 2017, i Fondi negoziali hanno ottenuto lo 0,4%, i Fondi aperti lo 0,2% e i PIP tra l’1,4% e lo 0,6%. Il TFR, invece, ha prodotto ben il 3,3%.

Fondi pensione: in arrivo numerosi incentivi statali per i giovani che intendono aderire

Le pensioni future non saranno misere. Saranno, di sicuro, più basse di quelle passate, determinate sulla base del sistema retributivo, ma non si potrà certo parlare di pensioni da fame.

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Sono soprattutto i giovani lavoratori a scegliere di aderire alla pensione complementare (ilovetrading.it)

Per spiegare tale concetto, proponiamo un esempio pratico. Tizio ha una retribuzione media annua di 25 mila euro, con un montante contributivo di 330 mila euro dopo 40 anni di lavoro. Raggiunti i 67 anni di età, smetterà di lavorare con 18.900 euro per un tasso di sostituzione del 75% (se si considera la normativa vigente).

Chi, ovviamente, ha avuto una carriera discontinua e non può contare su un montante contributivo elevato avrà diritto ad un assegno più basso. Ma questa situazione dipende esclusivamente dalle caratteristiche della carriera professionale e dalla precarietà. La previdenza complementare, però, non è la cura per tutti i mali e, in alcuni casi, potrebbe addirittura aggravare la situazione.

Questo principio sembra essere ancora ignorato da molti, in particolare dai giovani lavoratori, che spesso sono all’oscuro del funzionamento del sistema pensionistico ordinario e di quello dei Fondi pensione. In base ai dati economici, i più giovani si preoccupano di più della vecchiaia rispetto ai lavoratori più anziani.

È per i giovani, dunque, che si stanno ideando nuove proposte per convincerli a passare alla pensione complementare. Ad esempio, il Governo intende ridurre la percentuale di tassazione dei Fondi in cui destinare il TFR e di introdurre nuovi incentivi fiscali. Al momento non è possibile stabilire se sarà la scelta giusta oppure un fallimento. Per scoprire i provvedimenti che verranno adottati dall’Esecutivo bisognerà attendere la prossima Riforma fiscale.

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