Lavorare poco fa male alla salute? Il mito del dipendente scansafatiche è felice è duro a morire, ma lontano dalla realtà.
Lavorare troppo, ritmi lavorativi da paura. Effetti collaterali – e indesiderati – del logorio della vita moderna. È noto che accumulare stress lavorativo non è precisamente un toccasana per la salute. La chiamano sindrome del burn out. L’OMS l’ha riconosciuta ufficialmente come malattia nel 2019.
Meno noto magari che anche lavorare troppo poco nuoce alla nostra salute. Esattamente così: anche in questo caso la sindrome ha un nome: il bore out. Significa avere pochi stimoli sul luogo di lavoro, essere poco coinvolti, svolgere attività meccaniche, caratterizzate da una seriale ripetitività.
Insomma, se il lavoratore iperattivo e stakanovista può diventare un «workaholic» (ovvero dipendente dal lavoro), anche quello scansafatiche e pelandrone non sembra passarsela meglio. Per lui in agguato c’è appunto la sindrome del bore out: l’esaurimento provocato dalla noia.
Altro che trastullarsi in un ozioso e dolce far nulla: la prolungata inattività porta a incubare sintomi del tutto analoghi a quelli del burn out: autostima a picco (fino alla depressione), frustrazione alle stelle.
Quando lavorare poco nuoce gravemente alla salute
Ma non è solo questo: uno studio londinese apparso sull’International Journal of Epidemiology ha monitorato per 25 anni un campione di 7 mila dipendenti pubblici. Bene, dall’indagine è emerso che i lavoratori con alti livelli di noia hanno una probabilità raddoppiata di morire a causa di malattie cardiache o ictus rispetto ai lavoratori meno annoiati.
In sostanza, l’espressione «noia mortale» adesso sembra avere un avallo scientifico perché, è l’ipotesi avanzata dai ricercatori inglesi, i lavoratori annoiati hanno più probabilità, per «ammazzare il tempo», di darsi a abitudini ben poco sane come il fumo o il bere. Di conseguenza, ammazzando il tempo diminuiscono anche la loro aspettativa di vita.
Ancora manca un riconoscimento ufficiale per la sindrome del bore out (o dell’annoiato cronico). Il termine è stato coniato soltanto nel 2007, ma il mondo scientifico non è affatto indifferente alla problematica. Tra i segnali da monitorare con attenzione, spiegano gli esperti, ci sono apatia, difficoltà di concentrazione, ricerca costante di distrazioni, tendenza a divagare continuamente.
Tra i sintomi del bore out non mancano i problemi intestinali, il mal di testa, i disturbi del sonno. Secondo uno studio risalente al 2018, ben il 43% dei lavoratori si annoierebbe sul luogo di lavoro. A soffrirne di più sono le donne (il 48/% contro il 39% dei lavoratori maschi), forse perché patiscono maggiormente il sentirsi poco valorizzate. Rischio raddoppiato per i millenials, una generazione abituata a lavorare in autonomia e per obiettivi. E quando vengono a mancare questi due elementi, la noia cronica presto si fa sentire col suo carico da novanta.