I famosi giorni di permesso garantiti dalla Legge 104 ora incontrano limiti importanti e non possono essere per tutti.
I giorni di permesso con la Legge 104 sono un grande aiuto per chi assiste il familiare disabile. Baricco sottolineava in una splendida riflessione, come proprio il fatto che i giorni della vita siano limitati li rende unici e irripetibili. Sicuramente la limitatezza del tempo che abbiamo a disposizione ce lo fa vivere ed apprezzare maggiormente eppure non si può negare che i familiari dei parenti che beneficiano della 104 avrebbero bisogno di qualche giorno in più.
Quando una famiglia sperimenta il dramma della disabilità, ha bisogno di tanti aiuti e i soldi e il tempo materiale per le varie incombenze non bastano mai. La famosa Legge 104 del 5 febbraio del 1992 è un autentico baluardo di civiltà perché per la prima volta stabilisce aiuti, bonus e vantaggi per il disabile e per chi concretamente lo assiste. Quando questa fondamentale legge è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, all’articolo 1 esordiva sottolineando come dovessero essere garantiti il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia della persona handicappata.
Ma soprattutto questa legge voleva promuovere la piena integrazione nella famiglia, nel lavoro, nella scuola e nella società. Obiettivi di altissimo valore civico e proprio per raggiungerli il Governo mette a disposizione tutta una serie di misure per aiutare il diversamente abile. Come le famiglie sanno bene, uno degli aiuti sociali sono i famosi giorni di permesso dal lavoro. Si tratta di tre giorni al mese che possono essere anche frazionati ad ore. Lo scopo di questi giorni di permesso è quello di poter assistere il familiare non autosufficiente.
Ne hanno diritto sia i genitori, che il coniuge, che il convivente more uxorio, che i parenti e affini entro il secondo grado. Addirittura la legge consente persino ai parenti entro il terzo grado con una particolare domanda di poter rientrare in questa situazione tutelata. Chi assiste il familiare disabile deve fare i salti mortali e sono proprio le associazioni di categoria a sottolinearlo.
Conciliare il lavoro con gli impegni necessari per assistere la persona cara che non ce la faccia da sola non è semplice e da questo punto di vista è importante sapere che il tempo per i permessi viene modulato in base alla gravità della disabilità e al tipo di assistenza che questa impone.
Una cosa da cui non si può prescindere è che i tre giorni di permesso devono essere concordati con il datore di lavoro e che possono anche essere consecutivi. Se c’è bisogno di assistere il familiare disabile per un viaggio al fine di un intervento in una clinica lontana, i tre giorni al mese saranno da prendere tutti insieme e poi nell’arco dei 30 giorni non se ne potranno avere più.
Ma non mancano i casi nei quali il datore di lavoro si oppone a questa richiesta e in questo caso il dipendente si può rivolgere all’INPS perché tuteli i suoi diritti. Una deroga importante è per coloro i quali lavorano nelle scuole. In questo caso e per questo specifico tipo di lavoro i tre giorni consecutivi non possono essere chiesti.
In particolare la legge opera una proibizione di creare dei weekend lunghi. Per fare un esempio, se nel mondo della scuola vengono richiesti il venerdì e il lunedì seguente tanto per avere il pretesto per fare un weekend lungo e fare un viaggio questo non sarà consentito.
Chi non rispetta le regole stabilite dalla legge e cristallizzate nelle sentenze della Cassazione può essere soggetto a sanzioni disciplinari e addirittura al licenziamento. Secondo alcune sentenze della Corte di Cassazione si può arrivare al licenziamento quando il lavoratore utilizza una parte consistente dei permessi per finalità estranee dei motivi assistenziali. Il licenziamento diviene legittimo anche quando il lavoratore viene sorpreso in località differenti da quelle deputate all’assistenza del disabile senza valide giustificazioni.
Un esempio concreto – che è capitato sotto la lente della Cassazione – è quello di un lavoratore che era stato sorpreso in spiaggia. La Corte ha stabilito che l’assistenza alla persona disabile non significa stare necessariamente in casa con lui.
Se si esce per andare a fare un bonifico alla posta per conto del disabile questo è certamente concesso. Anche uscire per andare in una clinica a ritirare il referto delle analisi rientra nell’alveo delle attività di natura assistenziale. Tuttavia ciò che è estraneo a queste attività può essere causa di licenziamento.
Ma la Cassazione ha anche stabilito che il licenziamento è illegittimo quando durante i giorni deputati all’assistenza della persona disabile ci siano dei momenti di pausa per compensare le energie impiegate in questa attività di supporto. Una recente novità è quella che stabilisce come questi giorni di permesso non debbano essere necessariamente presi tutti da un unico parente perché possono essere suddivisi tra i vari soggetti che prestano assistenza. Fino ad oggi c’era la figura del Referente unico dell’assistenza e solo lui poteva avere i tre giorni di permesso, ma ora questi possono essere suddivisi ed è una novità positiva visto che di norma più persone aiutano il parente disabile.
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