Un fondo di garanzia previsto per legge copre il TFR in caso di fallimento aziendale: vediamo come fare per richiederlo correttamente.
TFR è un acronimo che sta ad indicare il cosiddetto “Trattamento di Fine Rapporto”: si tratta di una prestazione economica accumulata da un dipende durante il periodo d’impiego presso un’azienda, una società o un ente e viene elargita quando il rapporto professionale tra le parti, ovvero tra il lavoratore ed il datore di lavoro, giunge a cessazione.
È noto anche con il termine di liquidazione e dev’essere elargita per legge per qualsiasi motivo di interruzione di prestazione professionale, tanto nei casi di licenziamento quanto in quelli di dimissioni e di sopraggiunto pensionamento.
Il trattamento, pensato come forma di buona uscita conseguente all’interruzione professionale a sostegno dei lavoratori dipendenti, si accumula ogni mese utilizzando una quota del salario che il datore di lavoro accantona proprio al fine di corrispondere il trattamento una volta sopraggiunta la fine del rapporto.
Tuttavia, se il datore di lavoro fallisce e non dispone della liquidità necessaria a pagare il TFR, il dipendente trovatosi senza lavoro dunque non percepisce nulla? Ebbene, vi è una legge a tutela di situazioni simili: tale legge ha previsto un fondo di garanzia gestito dall’INPS il cui compito è di assicurare il TFR a qualsiasi lavoratore dipendente in caso di fallimento dell’azienda, o dell’ente pubblico presso il quale era impiegato. Tuttavia occorre prestare attenzione: perché per ottenerlo è necessario effettuare un’operazione specifica.
Cosa fare per richiedere il TFR all’INPS in caso di fallimento dell’azienda
Se dunque un lavoratore dipende si trova nella condizione di improvvisa dispoccupazione a causa del fallimento dell’azienda o ente pubblico presso cui era impiegato, e se questi non è in grado di versare il TFR dovuto, per attingere al fondo di garanzia tramite l’INPS il lavoratore deve presentare opportuna domanda di liquidazione.
Per farlo – attraverso il portale online dell’INPS oppure rivolgendosi fisicamente ad un patronato – è necessario inviare documentazione che certifichi la cessazione del rapporto di lavoro subordinato, la condizione d’insolvenza del datore di lavoro, l’esistenza del credito a proprio carico ed il fallimento dell’azienda o dell’ente.
Inoltre, è necessario inviare all’INPS anche il documento che certifica lo stato passivo esecutivo dell’azienda o ente, una dichiarazione sostitutiva in cui il tribunale fallimentare certifichi che il credito spettante non sia stato impugnato, la domanda di ammissione al passivo ed il modello SR52 da richiedere al responsabile fallimentare.
Possiamo capire, quindi, che la procedura non sia tra le più semplici e veloci; tuttavia è necessario effettuarla in ogni sua parte per ottenere il TFR come da nostro diritto.