L’assegno di accompagnamento riconosciuto dall’Inps, spetta agli eredi? In questo articolo facciamo chiarezza e fughiamo ogni dubbio.
L’assegno di accompagnamento è un’indennità che l’Inps riconosce alle persone con invalidità grave che necessitano di assistenza. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha cambiato tutto a riguardo. Vediamo insieme cosa è successo.
La pensione di accompagnamento o indennità di accompagnamento, spetta ai soggetti con disabilità grave a prescindere da età e condizioni economiche del nucleo familiare. Essa è destinata a coloro che hanno difficoltà persistenti nello svolgimento di compiti e funzioni tipiche della loro età.
L’Inps riconosce l’indennità di accompagnamento alle persone mutilate e agli invalidi civili che sono completamente incapaci a causa di problemi fisici o mentali. Inoltre, può essere concessa anche alle persone di età superiore ai 65 anni che hanno difficoltà persistenti anche con un livello di invalidità inferiore al 100%.
Assegno di accompagnamento: ecco cosa cambia
Fino ad oggi era dato per scontato che l’indennità di accompagnamento non venisse più erogata dopo la morte del beneficiario. Pertanto si pensava che agli eredi – figli o coniuge o parenti più stretti – non spettasse nulla. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha cambiato tutto.
Secondo una recente decisione della Corte di Cassazione, è stato stabilito che gli eredi di un invalido deceduto hanno il diritto di ricevere la quota dell’indennità di accompagnamento che spettava all’invalido stesso. Questa somma viene assegnata agli eredi anche se non hanno fornito assistenza al disabile durante la sua vita. A differenza della legge 104 che comporta determinati obblighi, nel caso dell’indennità di accompagnamento tutto questo discorso decade. Infatti, i giudici, hanno motivato la sentenza spiegando che il diritto alle prestazioni di assistenza per gli invalidi civili si origina dalla presentazione di una richiesta amministrativa e dal soddisfacimento dei requisiti previsti dalla normativa.
Poiché queste prestazioni fanno parte del patrimonio dell’invalido deceduto, va da sé che vengano trasmesse agli eredi. E questo a prescindere dal fatto che essi abbiano o no assistito l’invalido in vita: la Cassazione ha stabilito che tutti gli eredi hanno il diritto di ricevere una parte dell’indennità di accompagnamento. Giusto o no, la legge non si discute ma si applica. La differenza nella ricezione dell’indennità di accompagnamento dopo la morte dell’invalido o del disabile dipende dal momento del decesso rispetto al riconoscimento della prestazione economica. Dopo il decesso del beneficiario si aprono due strade.
- Se la morte avviene dopo il riconoscimento dell’invalidità, gli eredi possono ricevere solo le quote dell’indennità che sono già state accumulate fino alla data del decesso. In questo caso, si applicano le leggi sulla successione.
- Se, invece, la persona disabile muore prima della visita medica ma dopo aver presentato la domanda per ricevere l’indennità, gli eredi, per ottenere l’assegno di accompagnamento, possono presentare una richiesta di riconoscimento all’apposita commissione medica.