La riforma del Fisco potrebbe portare tanti danni quante soluzioni. Molti stanno per ricevere una stangata da cui non sarà facile riprendersi.
Presentato come la soluzione all’abbassamento costante del potere d’acquisto degli italiani, il taglio del cuneo fiscale inserito nella manovra fiscale di maggio potrebbe fare anche tanti danni. Molti saranno esclusi dalla misura e non vedranno un soldo dagli aumenti.
Il taglio del cuneo fiscale è stato per molto tempo uno dei mantra più ripetuti dal Governo per fin dal suo insediamento. Con questa misura il Governo intendeva fare in modo che gli stipendi netti dei lavoratori italiani aumentassero, in modo da equilibrare la perdita del potere d’acquisto arrivata in conseguenze dell’aumento dell’inflazione. La soluzione sarebbe, secondo l’esecutivo, quella di tagliare le tasse sul reddito e far si che molte più persone potessero avere delle finanze extra per contrastare le spese che stiamo affrontando da quanto è scoppiata la guerra.
A gennaio, in seguito alla manovra di Bilancio, il Governo ha operato il primo taglio del cuneo fiscale che è posto a seguito di quello già operato da Mario Draghi l’anno precedente. Il taglio in questo caso è stato del 3% sui redditi pari o inferiori a 25.000 euro e del 2% sui redditi fino a 35.000 euro. Con la nuova riforma fiscale di maggio si intende aumentare questo taglio alle tasse sul reddito, che andrebbero al 7% per i redditi fino a 25.000 euro e 6% per i redditi fino a 35.000 euro. Un taglio di questo genere porterebbe a un aumento netto degli stipendi dei lavoratori dipendenti da 20 a 52 euro a seconda del reddito e dello stipendio di partenza.
Tutti gli esclusi dal taglio del cuneo fiscale
La misura si è subito attirata contro diverse critiche per il numero considerevole di lavoratori che lascia fuori. Il taglio del cuneo fiscale, infatti, vale soltanto per i lavoratori dipendenti del settore pubblico e privato che hanno un contratto di lavoro subordinato. Sono inclusi anche i contratti di apprendistato e quelli per i lavoratori agricoli, ma sono esclusi a priori tutti i lavoratori autonomi e i lavoratori domestici.
Un’altra criticità della riforma fiscale riguarda la riforma dell’IRPEF. Le aliquote passeranno da 4 a 3, portando molti benefici alle persone con redditi più alti, ma tagliando fuori una fetta di lavoratori che invece si troveranno a pagare di più. Se adesso le aliquote IRPEF sono queste:
- aliquota al 23% per i redditi inferiori a 15.000 euro;
- aliquota al 25% per i redditi tra 15.000 e 28.000 euro;
- aliquota al 35% per i redditi tra 28.000 e 50.000 euro;
- aliquota al 43% per i redditi oltre i 50.000 euro.
La nuova configurazione sarebbe:
- aliquota al 23% per i redditi inferiori a 15.000 euro;
- aliquota al 27% per i redditi tra 15.000 e 50.000 euro;
- aliquota al 43% per i redditi oltre i 50.000 euro.
Il problema delle aliquote IRPEF
Se per i redditi più alti, oltre i 50.000 euro, e i redditi più bassi, sotto i 15.000 euro, non cambia assolutamente niente, la fascia mediana risulta molto cambiata. Chi ha reddito medio alto, tra 28.000 e 50.000 euro si troverà a pagare un buon 8% di tasse in meno, ma chi ha un reddito di fascia medio bassa tra 15.000 e 28.000 euro avrà un aumento del 2%.
Questa possibilità sta venendo ampiamente criticata, visto che si accusa il Governo di favorire i più ricchi alle spese di chi avrebbe davvero bisogno di un taglio delle tasse.