L’intelligenza artificiale ci ruberà il lavoro oppure ci aiuterà a progredire e migliorare le nostre situazioni lavorative? Per il momento le previsioni non sono delle migliori dal punto di vista dell’occupazione.
Ci si interroga sempre quando arriva uno strumento di progresso nell’economia su chi ne trarrà maggiormente vantaggio. Che impatto avrà sull’economia? Taglierà posti di lavoro? Ne creerà altri? L’impatto non è sempre così prevedibile, ma da qualche statistica è possibile farsi un’idea.
Parliamo ad esempio di ChatGPT, la chat basata sull’apprendimento automatico e l’intelligenza artificiale specializzato nella conversazione con un umano. Secondo le analisi della banca Goldman Sachs, divulgate sulla rivista di economia, il The Economist, sembra che il software potrebbe essere in grado di rendere 300milioni di posti di lavoro a rischio, anche quelli specializzati e con un’alta retribuzione. Ma vediamo in dettaglio quali professioni resterebbero tagliate fuori.
Alla base di queste statistiche c’è uno studio di OpenAI, la start up che ha creato il software. L’obiettivo era valutare se il software fosse capace di svolgere determinate mansioni lavorative normalmente attribuite agli esseri umani nella metà del tempo, o anche meno, mantenendo la stessa qualità nel lavoro.
Dallo studio è emerso che per l’80% degli americani almeno il 10% dei compiti potrebbe essere svolto dall’intelligenza artificiale. I lavori più a rischio sono quelli legati alla scrittura e alla programmazione. I lavori insomma basati sul linguaggio. Un altro studio pubblicato il primo marzo mette in luce più o meno le stesse evidenze: i settori più a rischio sarebbero quelli legati all’insegnamento e al telemarketing.
È pur vero che c’è un altro punto di vista da prendere in considerazione: secondo altri studi l’utilizzo dell’intelligenza artificiale porterebbe ad un aumento del 7% del PIL ogni anno. E se diventasse uno strumento di supporto potrebbe svincolare i lavoratori da mansioni ripetitive e banali e aumentare la produttività.
Da evidenziare, poi, che in questi studi sono completamente ignorate alcune variabili che sono fondamentali su alcuni posti di lavoro, come il carisma o l’empatia. Da ricordare il caso di un’università del Tennessee che si è dovuta scusare dopo aver inviato una mail scritta tramite Chat GPT.
Per non parlare del fatto che molte aziende potrebbero non essere in grado di accogliere e sfruttare livelli così avanzati di tecnologia. Dunque lo valuteremo solo con il tempo quale sarà l’impatto, per il momento conoscere questi strumenti è sicuramente utile per padroneggiarli, eventualmente anche un domani sul luogo di lavoro.
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