Giro di vite sugli affitti brevi, una formula di messa a reddito degli immobili che negli ultimi anni ha conosciuto una crescita significativa, ma in parte selvaggia.
Ricavare dal proprio immobile un reddito pari o superiore a quello di un normale affitto, ma senza le beghe di un inquilino potenzialmente moroso o inamovibile e il rischio di ritrovarsi a contratto scaduto con una casa tutta da rifare. È questo il punto di forza della formula dell’affitto breve, che negli ultimi anni ha preso sempre più piede nel nostro paese. Basti fare un giro in una qualsiasi città d’arte, a partire dalla Capitale: le scritte “B&B” e “Casa vacanza” sui citofoni non si contano…
La novità dell’ultima ora è che il governo ha deciso di intervenire con un giro di vite: le regole sugli affitti brevi devono essere più rigide, ha spiegato la ministra del Turismo Daniela Santanchè. A chiederlo sono i sindaci delle più grandi città, che auspicano un intervento a livello nazionale. Mentre le organizzazioni del settore, come Confedilizia, non vedono di buon occhio una stretta e premono per una semplice riorganizzazione delle regole attuali.
Di certo però andrà messa una regolamentazione più stringente per ciò che riguarda le strutture ricettive “improvvisate”, visto che ormai anche proprietari di piccoli bugigattoli si improvvisano albergatori senza avere alcuna competenza né attenzione verso il cliente, solo per massimizzare gli introiti derivanti dal possesso di una casa.
Secondo la ministra Santanchè, occorre innanzitutto “capire quanti sono gli affitti brevi e dove sono: dobbiamo fare una mappatura”. Dopo di che “il far west deve finire”: via dunque a regole più severe per evitare la proliferazione incontrollata dei b&b, specie nei centri storici delle più belle città italiane. Fermo restando che “nei piccoli borghi, dove non ci sono strutture ricettive, l’affitto breve è l’unica soluzione”. Non si tratta di impedire l’affitto di una stanza o un appartamento ai turisti, ma di fissare dei paletti per chi gestisce decine di case vacanza.
Come accennato, però, Confedilizia storce il naso e chiede a gran voce di abrogare due norme. La prima riguarda il Comune di Venezia, che può limitare gli affitti brevi nel centro storico, la seconda è quella che inquadra il proprietario che ricorre agli affitti brevi per più di quattro appartamenti come un imprenditore. Confedilizia propone inoltre di semplificare gli adempimenti a carico dei proprietari, di uniformare a livello nazionale di tutte le attuali norme regionali e comunali e di attivare il Codice identificativo nazionale, introdotto nel 2019 ma non ancora operativo.
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