Arriva la comunicazione INPS sulle pensioni anticipate e tanti potranno sfruttarla. Vediamo la novità e la normativa.
Il Decreto Pensioni conferma il blocco delle aspettative di vita e questo ha un riflesso diretto sui requisiti di uscita per le pensioni anticipate. Chi sceglie di andare in pensione prima, col blocco delle aspettative di vita 2023, quando può lasciare il lavoro e quanto può effettivamente percepire di pensione? Il blocco delle aspettative di vita è una di quelle questioni tecniche che sembrano non interessare i pensionati.
Eppure la sua rilevanza è forte perché significa che anche per quest’anno i requisiti da raggiungere per la pensione di vecchiaia anticipata sono di 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. Attualmente il Governo parla di un blocco strutturale e quindi questi requisiti contributivi dovrebbero durare per sempre ma quando si tratta di pensioni non è mai detta l’ultima parola.
Conferme e novità sulle pensioni anticipate
Con questa normativa aggiornata è possibile andare in pensione anticipata quest’anno con requisiti analoghi rispetto all’anno scorso. Esiste un simulatore on-line del Sole 24 Ore che permette in pochi step di calcolare la pensione finale. C’è bisogno di inserire la data di nascita, il sesso, anzianità contributiva, previsione di carriera e inquadramento. Questo simulatore disponibile online da remoto offre una proiezione attendibile di quello che sarà l’assegno pensionistico con il canale di uscita anticipato.
Un regime particolare spetta agli invalidi sopra l’80%: per questi soggetti più fragili arrivano requisiti agevolati diversi dai soliti 67 anni di età e 20 anni di contributi oppure di 71 anni di età e 5 anni di contributi. Chi abbia un’invalidità pari o superiore al 80% e abbia una contribuzione al 31 dicembre ’95 può sfruttare questa uscita più comoda.
Che succede con l’invalidità
Quando c’è l’invalidità all’80% si può uscire dal lavoro a 56 anni per le donne e 61 anni per gli uomini. Questi requisiti sono stati aumentati perché inizialmente alle donne venivano richiesti 55 anni e agli uomini sessanta. L’aumento della speranza di vita ha ritoccato verso l’alto queste soglie. Oltre ad un’età più giovane questi invalidi possono beneficiare anche di una contribuzione più ridotta. L’invalidità all’80% non è la comune invalidità INPS ma è una vera e propria inabilità allo svolgimento delle mansioni lavorative.
Sarà un apposita commissione a valutare la patologia lamentata dal soggetto ed il concreto impatto sulla vita lavorativa. L’invalidità lavorativa non misura la riduzione delle capacità del soggetto nella vita di tutti i giorni ma in ambito lavorativo e le due cose sono da non confondersi.