Non è una prerogativa del terzo mondo. Il lavoro minorile in Italia è un fenomeno presente, e in numero ben superiori a quanto si immagini.
Quando pensiamo al lavoro minorile, tipicamente vengono in mente paesi sottosviluppati e con leggi non chiare, che sfruttano la corruzione per mettere al lavoro dei bambini pagandoli pochissimo. Invece anche in Italia abbiamo questo fenomeno, e in numeri preoccupanti.
La situazione del lavoro minorile in Italia non è esattamente al livello di semi schiavitù del terzo mondo come possiamo immaginare da qualche ricordo di un documentario. Si tratta di una situazione molto più sottile e preoccupante per il nostro tessuto sociale e lavorativo. Per lavoro minorile in Italia si intende quei casi in cui un ragazzo o una ragazza decide di abbandonare gli studi e mettersi a lavorare prima di aver compiuto 18 anni. Questa scelta viene presa sempre più spesso ed è un segnale preoccupante per la nostra economia.
Secondo le indagini di Save The Children in Italia sono 336.000 i giovani tra i 7 e i 15 anni ad aver avuto almeno una esperienza lavorativa. Rapportato alla presenza dei giovanissimi in Italia, significa che 1 ragazzino su 5 in Italia non è totalmente estraneo al mondo del lavoro prima di aver finito le scuole dell’obbligo. Questo fenomeno sta ad indicare la graduale sfiducia che le famiglie italiane ripongono nel sistema scolastico. Si sente sempre più spesso in giro che la scuola non serva per il futuro dei ragazzi e che, anzi, rubi tempo alla ricerca di un lavoro che potrà mantenerli in futuro. Un ragionamento che può essere comprensibile in un momento di grave crisi del mercato del lavoro come quello che stiamo vivendo.
Lavoro minorile in nero, ecco la situazione in Italia
Le indagini di Save The Children hanno un’affidabilità relativa per quanto riguarda quantificare il lavoro minorile in Italia, visto che per la maggior parte questo fa parte dell’economia sommersa del nostro paese. Il presidente di Save The Children, Claudio Tesauro, ha parlato del fenomeno con preoccupazione, visto che il lavoro precoce per ragazzi al di sotto dei 16 anni incide negativamente sulla crescita e sulla continuità educativa, alimentando il fenomeno della dispersione scolastica.
Si tratta di quel fenomeno per cui molti ragazzi lasciano le scuole dell’obbligo per dedicarsi al lavoro. Questo fenomeno rende i ragazzi sempre più educativamente poveri e bloccando le loro aspirazioni per il futuro. Purtroppo l’idea che la crisi economica sta dando ai genitori è che la scuola non sia più un investimento fruttifero di tempo e denaro per i propri figli, che se completano il percorso di studi saranno comunque in cerca di lavori umili per potersi mantenere.
Dove la situazione è più grave
In Italia abbiamo il più alto tasso di dispersione scolastica dell’Unione Europea dopo la Romania. Ben il 19% delle persone tra 15 e 29 anni abbandonano gli studi per cominciate a lavorare. Tra i territori che maggiormente interessano questo fenomeno ci sono le province di Napoli, Ragusa, Vittoria, Prato e Treviso.
I lavori che vanno a svolgere questi ragazzi sono tipicamente nel settore della ristorazione e edilizio, come operai semplici, oppure in attività di vendita commerciale al dettaglio, ovvero i supermercati, o realizzazione di contenuti social. Quest’ultima possibilità, mitizzata dal successo di molti content creators del web, sta attirando sempre di più i ragazzi che decidono di lasciare gli studi per dedicarvisi.