Infortunio e pausa caffè, un binomio che non va di certo a braccetto, anche perché la sfiga… parla da sola! Non ci si può neanche riposare.
Una domanda che può sembrare banale ma non lo è per niente: se ci si fa male durante la pausa caffè, si ha il diritto ad essere risarciti? La sezione lavoro della Cassazione ha emesso il verdetto facendo riferimento ad un caso concreto accaduto nientepopodimeno che nel 2010. Ebbene, probabilmente si tratta di una questione non poi così assurda, ma che necessita della giusta attenzione. Ad oggi capitano gli incidenti sul lavoro, ma è anche vero che alcune professioni sono più rischiose di base. Quindi, analizziamo nel concreto di cosa stiamo parlando e come risolvere.
Senza ombra di dubbio un dipendente pubblico ha molte garanzie, ma non tutte le professioni in questione sono da ritenersi pericolose allo stesso modo. Se si pensa ad un agente di polizia di Stato o a qualsiasi altra forza dell’ordine come anche i Vigili del fuoco, non si può che preoccuparsi ogni giorno per la loro vita dato che rischiano spesso per salvare il prossimo.
Quindi, lasciando stare questi casi complessi, oggi indaghiamo la situazione di una figura molto ambita, con tanti vantaggi senza dubbio, ma che è stata al centro della dibattuta questione. Stiamo parlando dei dipendenti pubblici come gli impiegati. Come si è infortunato il protagonista della vicenda?
Infortunio in pausa caffè, come funziona il risarcimento
Si tratta di un’impiegata della Procura di Firenze che nel lontano 2010 si è concessa una pausa caffè. Ma nel tornare in ufficio, accade l’imprevisto: inciampa, cade, rovina a terra e oltre alla beffa, si rompe il polso. Subito la donna mediante l’Inail emette la richiesta di risarcimento, e la Cassazione entra in gioco, analizza la questione, e cerca di vederci chiaro.
La rottura di un polso è un grave danno per un impiegato pubblico che svolge mansioni di archiviazione dati e documentazione. Soprattutto per il fatto che si lavora principalmente difronte lo schermo di un pc. Se non si utilizzano mani e polsi robusti, non si può lavorar molto, anzi… per nulla! La donna ha fatto la richiesta di risarcimento, ma questa le è stata negata. Per quale ragione se si è recata a prendere il caffè durante una pausa concessa dal datore di lavoro?
Il caffè era stato preso al di fuori del luogo di lavoro, dato che quest’ultimo non ha un bar o delle macchinette adibite a soddisfare il piccolo vizietto. L’impiegata ha torto, non può richiedere l’indennizzo, perché non ne ha alcun diritto, nonostante la concessione della pausa al di fuori del luogo di lavoro. Di contro, il Tribunale e la Corte d’Appello di Firenze affermano il contrario, perché lo stesso datore di lavoro, ne ha dato il permesso. Quindi si dovrebbe assumere le responsabilità e le conseguenze della scelta!
Com’è finita la questione? Che nonostante il permesso, il fatto di prendere un caffè al bar non è un bisogno fisiologico impellente, quindi niente indennizzo e nessun risarcimento. Guai a prendere il caffè, altro che pausa, ci si fa male…in tutti i sensi!