Negli ultimi mesi la spesa degli italiani è diventata sempre più costosa. La situazione sembra calmarsi ma rimangono alcune categorie con prezzi molto alti. Vediamo insieme quali sono.
L’inflazione è stata tra i principali responsabili dell’aumento dei prezzi dei beni e dei servizi nel tempo. Questo fenomeno è generalmente causato da una crescita eccessiva della domanda rispetto all’offerta, un aumento dei costi di produzione, una diminuzione del valore della valuta o altri fattori macroeconomici.
Secondo le stime preliminari dell’Istat a marzo, l’inflazione in Italia è calata al 7,7% rispetto al mese precedente, grazie alla riduzione del costo dell’energia. Tuttavia, i prezzi degli alimenti e dei beni di uso quotidiano rimangono elevati, e i costi della spesa, il cosiddetto carovita, continua ad aumentare di cinque punti percentuali.
A livello europeo si è registrato un calo dell’inflazione, che dovrebbe attestarsi al 6,9% a marzo, in netta discesa rispetto all’8,5% di febbraio. I prodotti alimentari, alcolici e tabacco hanno il tasso più alto, mentre i beni industriali non energetici, i servizi e l’energia hanno il tasso più basso. L’Istituto di statistica europeo stima per l’Italia un calo dell’inflazione armonizzata all’8,2%, dal 9,8% di febbraio.
L’ISTAT ha pubblicato le stime preliminari sull’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività, che indicano una diminuzione dello 0,3% su base mensile a marzo 2023 e un aumento del 7,7% su base annua, in rallentamento rispetto al mese precedente (+9,1%). Questo rallentamento dell’inflazione è principalmente attribuibile alla decelerazione su base annua dei prezzi dei beni energetici non regolamentati (da +40,8% a +18,9%), alla flessione dei prezzi degli energetici regolamentati (da -16,4% a -20,4%), alla contrazione dei prezzi degli alimentari lavorati (da +15,5% a +15,3%), dei beni non durevoli (da +7,0% a +6,8%) e dei servizi relativi ai trasporti (da +6,4% a +6,3%).
Tuttavia, l’accelerazione dei prezzi degli alimentari non lavorati (da +8,7% a +9,3%), dei tabacchi (da +1,8% a +2,5%) e dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +6,1% a +6,3%) ha in parte compensato questi effetti. L’inflazione di fondo registra ancora una moderata accelerazione (da +6,3% a +6,4%) ma sembra rallentare lo slancio degli ultimi mesi.
La diminuzione congiunturale dell’indice generale si deve al calo dei prezzi degli energetici, sia non regolamentati (-9,6%) sia regolamentati (-4,8%), solo in parte compensato dall’aumento dei prezzi degli alimentari non lavorati (+1,2%), dei servizi relativi ai trasporti (+0,9%), degli alimentari lavorati e dei tabacchi (+0,7% entrambi), dei beni durevoli e semidurevoli (+0,5% entrambi), dei beni non durevoli e dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (+0,3% entrambi).
Conseguentemente a queste oscillazioni, Coldiretti ha evidenziato un aumento dei prezzi dei vegetali freschi del 9,4% a causa del cambiamento climatico e dei costi di produzione. Le associazioni dei consumatori ritengono che i dati in calo sull’inflazione non siano ancora sufficienti per alleggerire l’impatto dei rialzi subiti dai cittadini negli ultimi mesi.
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