Ci saranno presto delle pessime notizie chi vuole andare in pensione di vecchiaia. Con l’età pensionabile a 67 anni, arrivano altri limiti.
Ci sono molti motivi per cui in Italia uno degli argomenti più discussi sulle tribune politiche è quello delle pensioni. Il sistema pensionistico italiano continua ad essere un serio problema, soprattutto per chi si affaccia recentemente al pensionamento.
La legge pensionistica italiana deve essere rivista. Dopo anni ormai che ogni governo cerca di mettere insieme una nuova legge pensionistica che permetta alle persone di ritirarsi dal mondo del lavoro con tutto quel che gli serve per condurre una vita dignitosa. Tuttavia, non è così semplice come suona. Occorre fare i conti con le moltissime richieste e necessità che incorrono nel dover mantenere delle persone che non possono più lavorare. Da una parte ci sono i sindacati, che richiedono più sostegno per i pensionati, dall’altra la necessità per lo Stato di non gravare troppo sui cittadini, visto che le pensioni vengono pagare con i soldi del Bilancio statale, ricavati dal pagamento delle tasse.
Attualmente i requisiti per la pensione di vecchiaia, ovvero la pensione vera e proprie, scartando tutti i metodi di pensionamento anticipato, sono quelli di avere 67 anni di età anagrafica e almeno 20 anni di contributi. Questi requisiti danno accesso alla pensione minima possibile, il cui importo si alza proporzionalmente a quanti anni di contribuzione sono stati versati durante la vita lavorativa di un contribuente. I limiti di età e di contribuzione sono gli stessi sia per donne che per uomini.
Come raggiungere il numero maggiore possibile di contributi
I contributi per la pensione di vecchiaia devono essere versati all’INPS, ma non è necessario che siano versati consecutivamente. Ci sono vari modi per risultare con il maggior numero di contributi possibili all’INPS. C’è la possibilità di cumulare i contributi anche verso altre casse previdenziali che non siano quelle dell’INPS, ad esempio quelle derivanti dalle casse professionali di professionisti iscritti ad albi. Inoltre c’è la possibilità del riscatto dei contributi, per cui si possono riscattare i contributi non versati durante i propri periodi di studio universitario.
Quello per cui non ci sono scusanti che tengano è il requisito d’età. Se non verrà cambiato completamente il sistema pensionistico, l’età minima di pensionamento rimarrà 67 anni fino al 2026, seguendo le norme della legge Fornero. In seguito a quella data, l’età pensionabile potrebbe addirittura aumentare, visto che l’età di pensionamento aumenta con l’aspettativa di vita media.
Il problema dei contributivi puri
C’è, infine, la problematica situazione dei contributivi puri. Questi sono quelle persone che hanno cominciato a versare contributi successivamente all’anno 1995, quindi dal 1 gennaio 1996 in poi. Per queste persone il calcolo dell’assegno pensionistico non è più un calcolo misto come precedentemente, ma calcolato esclusivamente con il calcolo contributivo.
Questo restituisce degli assegni pensionistici inferiori alla media, visto che si tengono fuori dal calcolo gli ultimi stipendi ricevuti. Oltre a questo c’è un ulteriore inghippo che farà si che le persone vadano in pensione più tardi. Con il calcolo contributivo è stabilito che un lavoratore non potrà andare in pensione prima di aver versato abbastanza contributi per avere accesso almeno alla pensione minima. Questo significa che, purché il minimo di contributi per andare in pensione resti 20 anni, è plausibile che per molti dovranno essere molti di più o non potranno andare in pensione.