Andare in pensione al giorno d’oggi non è una scelta facile. Ci sono molti metodi, e non tutti sono efficaci allo stesso modo.
Il pensionamento non è una cosa da prendere alla leggera. Quando si pensa di smettere di lavorare in tarda età è necessario capire quale metodo tra i molti a disposizione ci conviene utilizzare. Per esempio, tra TFR e fondo pensione la differenza non è minima. Andiamo a vedere quale conviene scegliere.
Il pensionamento nel 2023 non è cosa di poco conto e che si può prendere senza aver riflettuto bene. Attualmente, nonostante la grossa mole di aiuti che il Governo sta dando ai pensionati, questi sono ancora una delle categorie di persone più colpite dall’aumento del tasso di inflazione e dal conseguente calo del potere c’acquisto. Se si verificasse un’altra impennata del tasso di inflazione come quella del 2022, un pensionato dovrebbe stringere i denti davanti all’aumento dei prezzi fino alla fine dell’anno.
Il grosso problema, però, riguarda il periodo immediatamente successivo al pensionamento. In molti si chiedono se sia più conveniente sfruttare il trattamento di fine rapporto lavorativo (TFR), oppure lavorare da tempo prima per costruirsi un fondo pensione. Smileconomy, centro di studi economici, su commissione del Corriere della Sera, ha realizzato una ricerca sullo status attuale dei fondi pensione, per capire se siano effettivamente più convenienti rispetto alla percezione del TFR immediatamente dopo il pensionamento. Il risultato di questa ricerca potrebbe essere importante per i lavoratori, in modo da programmare il proprio pensionamento.
La ricerca di Smileconomy si è fondata sui dati attuali dei fondi pensione, con le perdite medie calcolate tra il 9,8% e l’11,5%. Mettendo a confronto il fondo pensione INPS e i TFR delle aziende, la ricerca ha realizzato 120 possibili scenari di comportamenti dei fondi pensione nei prossimi anni. La ricerca è stata portata avanti immaginando 3 scenari di partenza di un lavoratore che aderisce a un fondo pensione a 30, 40 o 50 anni. Nei primi 2 casi il lavoratore potrebbe avere un capitale doppio rispetto a chi ha lasciato i propri risparmi pensionistici in azienda.
Chi aderisce a un fondo pensione a 30 anni con uno stipendio di 1.500 euro al mese avrà un capitale finale di 154.899 euro. Ovvero il 127% in più rispetto alle prestazioni pensionistiche, che portano a un capitale totale di 68.255 euro. Un lavoratore che aderisce a un fondo pensione a 40 anni con uno stipendio di 2.000 euro al mese, invece, avrà un capitale totale di 200.625 euro, 98% in più rispetto a chi opta per le soluzioni pensionistiche.
Il Corriere della Sera, però, invita a guardare il quadro generale e a tenere conto anche di altri fattori che possono influire sulla scelta. La tassazione sulle prestazioni pensionistiche parte da un massimo del 15% su un fondo pensione e diminuisce progressivamente per 15 anni fino al 9%.
Secondo le simulazioni effettuate è sempre positivo il trasferimento delle prestazioni pensionistiche ad un fondo pensione, anche negli scenari più conservativi. L’unica eccezione è fatta per un lavoratore di 50 anni con un reddito netto di almeno 2.500 euro al mese in 13 mensilità. Solo in questo caso il gioco non vale la candela.
Sempre di corsa? Ti capisco, ma ho un trucco che può aiutarti a liberare tempo…
La pressione fiscale in Italia è uno degli argomenti più discussi e sentiti sia da…
L’assicurazione auto è una polizza di responsabilità civile che i proprietari di un autoveicolo devono…
Sicuramente avrete sentito parlare della fine del Mondo in termini di città più a Sud,…
Reduce da un enorme successo agli Oscar, Oppenheimer si è portato casa diverse statuette, tra…
Organizzare una cerimonia di matrimonio tradizionale, al giorno d’oggi, può rappresentare una vera e propria…