L’Assegno Unico è una sostegno economico sul quale le famiglie italiane contano da un anno. L’Unione Europea però l’ha stoppato: ecco cosa si rischia.
Perdere l’assegno unico potrebbe essere un problema serio per le famiglie italiane. Un sostegno economico che aiuta davvero ad affrontare le spese per chi non riesce ad arrivare a fine mese e ha figli a carico. L’Unione Europea per l’ha stoppato: cosa succederà adesso?
L’Unione Europea ha deciso di bocciare due misure economiche assistenziali che in Italia sono fondamentali per le famiglie, tra questi l’assegno unico. In un periodo di grave crisi economica, aumento delle spese primarie e rincaro delle bollette, non si può pensare di perdere aiuto così importante. Gli italiani sono nel panico per la decisione presa, ma vediamo esattamente di cosa si tratta e perché si è deciso di agire in questo modo.
L’Unione Europea e lo stop all’assegno unico: cosa accade ora
La Commissione europea si è dimostrata ostile nei confronti di due misure economiche che al momento permettono agli italiani di sostenere la crisi economica. Stiamo parlando del reddito di cittadinanza e dell’assegno unico. Entrambe le misure sono essenziali per far fronte agli aumenti, ma a quanto pare l’Ue non li ritiene in linea con i principi europei. L’Italia andrebbe incontro a una procedura d’infrazione in questo modo. Capiamo meglio il motivo.
Secondo Bruxelles le misure sono “discriminatorie nei confronti dei lavoratori dell’Unione” perché i requisiti di accesso sono in violazione con il diritto dell’Unione di far circolare liberamente i lavoratori.
L’Ue quindi “dovrebbero essere pienamente accessibili ai cittadini dell’Ue che sono lavoratori subordinati, autonomi o che hanno perso il lavoro, indipendentemente dalla loro storia di residenza”. La residenza in Italia è un requisito per poter percepire il reddito (almeno 10 anni in Italia) e l’assegno unico (almeno 2 anni). Questo vuol dire che la Commissione evidenzia una “discriminazione” verso i lavoratori che devono trasfersi in Unione Europea anche per brevi periodi, e che quindi perderebbero il reddito minino, non avvedone più diritto.
Il Governo Meloni avrà ora del tempo per poter uniformare le misure economiche secondo i principi dell’Ue. L’interesse del governo non è quello di andare contro la Commissione per cui dopo due mesi, se non ci fosse risposta dall’Italia, verrà inviato da Bruxelles un “parere motivato”. Si trarre una richiesta formale di adeguarsi al diritto comunitario. L’ultimo e “terzo step”, dopo ulteriori due mesi, sarà il ricorso alla Corte di Giustizia. Ma sicuramente lo scenario non sarà questo in quanto il governo è già a lavoro si queste misure per dare “maggiore dignità ai lavoratori”.