A fine 2022 il debito pubblico dell’Italia era pari a 2.762,5 miliardi di euro, decisamente in rialzo. Eppure, secondo gli esperti del settore, possiamo rallegrarci.
Stando alle stime degli economisti il debito pubblico nel 2022 sarebbe sceso sotto il 145% del Pil. Cerchiamo di capire perchè.
Il 2022 ha chiuso in rosso. E non per il colore dei nostri abiti durante le feste. Alla fine dello scorso anno il debito pubblico italiano si è attestato a 2.762,5 miliardi, cioè 84,4 miliardi in più. Ma il dato, diffuso da Banca d’Italia, è in realtà una buona notizia perché – spiegano gli esperti del settore- l’aumento in valore assoluto, pari al 3,15%, è perfettamente in linea rispetto ai calcoli della Nadef di inizio novembre, che è invece ormai piuttosto datata nei calcoli che riguardano il Pil.
In pratica la crescita reale dell’Italia fotografata dalla stima preliminare dell’Istat è del 3,9%. Questo significa che supera di tre decimali quella ipotizzata dal Governo di Giorgia Meloni, e anche l’effetto dell’inflazione sul Pil nominale si rivelerà a consuntivo un po’ più ampio. Morale del racconto: il rapporto tra il debito pubblico e il Pil, che la Nadef indicava per fine anno al 145,7%, dovrebbe rivelarsi in realtà sotto al 145%.
La questione è politica
La questione non è solo economica ma anche politica. I nuovi numeri della banca centrale mettono in risalto un altro tassello: la discesa del Debito pubblico sotto il 145% del Pil nel 2022 sarrbbe da ricondursi ad un quadro di finanza pubblica in miglioramento. Con la conseguenza che il Def di aprile dovrebbe offrire all’azione del Governo margini meno risicati rispetto a quelli scavati fin qui con la linea del deficit concordata con Bruxelles.
Un debito pubblico nei dintorni o sotto il 145% del Pil rappresenta prima di tutto un punto di partenza un po’ più basso rispetto al previsto. E molti segnali, ultimo quello arrivato lunedì dalle previsioni macroeconomiche della commissione Ue, convergono nell’indicare che anche la dinamica del Pil 2023 sarà un po’ più vivace di quella immaginata nella Nadef. Ma c’è un’altra variabile che finora è rimasta in ombra ma potrebbe dare un’altra spinta al miglioramento della situazione economica del nostro Paese: il prezzo del gas. Il prezzo del gas oggi è fermo a meno della metà rispetto a dicembre 2022, quando è stata costruita la legge di bilancio.
Questo riduce in modo sensibile il costo di molti degli aiuti attivati o prorogati dalla manovra, a partire dai crediti d’imposta sugli acquisti delle imprese. I numeri si conosceranno solo dopo fine marzo, ma a meno di inversioni di rotta nelle prossime settimane promettono qualche soddisfazione. Nel frattempo, per non impattare in misura negativa sul debito pubblico, il Governo di Giorgia Meloni ha bloccato i bonus edilizi e ha bloccato anche gli enti locali che stavano acquistando i crediti per fare ripartire i lavori delle imprese.
Una misura sicuramente drastica che ha subito sollevato polemiche da parte dell’Opposizione e da parte delle associazioni degli amministratori di condominio. Una decisione, quella del Governo, che mette a rischio circa 25mila cantieri edili e si ripercuote su imprese e famiglie. In questo momento, forse, non si poteva fare altro.