Milioni di famiglie e tante piccole imprese nel panico dopo lo stop del Governo di Giorgia Meloni al Superbonus.
Nato sotto i Cinque Stelle durante il Governo Conte due, il Superbonus al 110% si è rivelato un salasso insostenibile a cui il Governo di Giorgia Meloni ha dovuto mettere un freno.
Lo stop al Superbonus è arrivato con il decreto Giorgetti di qualche giorno fa. La misura nata sotto la spinta del Movimento Cinque Stelle, è costata non meno di 120 miliardi allo Stato. Soldi che le future generazioni avrebbero dovuto ripagare. Per questo l’Esecutivo di Giorgia Meloni ha detto basta. Tuttavia il decreto Giorgetti prevede eccezioni. Il blocco di cessioni e sconto in fattura non riguarda, infatti, tutte le operazioni. Per il Superbonus riguarda solo i lavori per cui entro il 16 febbraio 2023 non sia stata presentata la Cilas o, per le sole operazioni di demolizione, l’autorizzazione edilizia. Per gli altri bonus il termine del 16 febbraio vale sempre come data ultima utile per le richieste e le comunicazioni se previste dalle leggi.
Per quanto riguarda i condomini: se la delibera assembleare è stata assunta entro il 24 novembre e la Cilas presentata entro il 25 novembre 2022, oppure se la Cilas è stata presentata dopo il 25 novembre ma entro il 31 dicembre e la delibera assembleare non è posteriore al 18 novembre, si ha diritto al 110%, altrimenti si scende per il 2023 al 99%. Per le case indipendenti, se i lavori erano in corso al 30 settembre 2022 ed erano stati compiuti almeno per il 30% si ha diritto al 110% ma solo per le opere ultimate entro il 31 marzo 2023. Negli altri casi le abitazioni indipendenti sono agevolate al 90% per il 2023, purché si tratti di prima casa e il quoziente familiare sia inferiore a 15mila euro. Per le case plurifamiliari con proprietà unica il termine ultimo per la Cilas per ottenere il 110% era il 25 novembre 2022. Per tutti il Superbonus scende al 70% nel 2024 e al 65% nel 2025.
Le novità per le banche
Che cosa prevede il decreto per sbloccare le cessioni incagliate? Di fatto ribadisce quanto scritto dall’Agenzia delle Entrate nella circolare 33/E del 6 ottobre 2022 e cioè che non si configura colpa grave delle banche in materia di controlli sul cedente i crediti d’imposta.
C’è però un’importante aggiunta: se la banca cede a un suo correntista, a quest’ultimo basta una dichiarazione con cui l’azienda di credito certifica di aver fatto i controlli di legge. Rimane il problema riguardante le operazioni che si rivelassero reati e per le quali la magistratura può procedere al sequestro dei crediti anche della banca.
E comunque tutto questo non basta perché le banche hanno raggiunto in molti casi il limite della loro Capienza fiscale e il decreto, vietando agli enti pubblici di acquistare i crediti, elimina un importante canale di sbocco. Inoltre l’aumento del costo dei denaro ha impattato sul prezzo delle cessioni e per operazioni bloccate da tempo si devono rifare i conti, perché la remunerazione del credito è scesa di 10 punti mentre il costo dei prestiti necessari per pagare le imprese prima delle cessioni è salito.
Chi non può più cedere il credito può, tuttavia, ancora ottenere iI rimborso diretto ma solo nei limiti della capienza fiscale. In pratica se l’Irpef dovuta è o di 5000 euro e il rimborso da Superbonus di 6000, i 1000 euro in eccesso vanno persi. Per il Superbonus “eco” – efficientamento energetico – serve il visto di conformità, se non si opta per l’invio della precompilata, per il Superbonus “sisma”- per rendere l’immobile antisismico – il visto serve in tutti i casi mentre non è richiesto per gli altri bonus.