In queste ore di forti tensioni e proteste per la decisione del Governo di fermare il Superbonus, è necessario fare un passo indietro.
Come non sono infinite le risorse dell’ambiente, ancor meno lo sono quelle delle casse statali. Il Superbonus al 110% non poteva essere portato avanti ancora a lungo.
Era il 20 agosto del 2020 quando il ministro dell’Economia del Governo Conte due – detto anche Governo giallorosso- il Dem Roberto Gualtieri, firmò il provvedimento interministeriale che rendeva operativo il Superbonus del 110% sulle ristrutturazioni edilizie per l’efficienza energetica, previsto nel “decreto Rilancio”. Un’iniziativa nata con orgoglio in casa Cinque Stelle che pensavano di dare respiro a milioni di famiglie italiane e, al tempo stesso, di favorire piccole e medie imprese senza tralasciare l’ambiente che – a detta dei grillini – ne avrebbe tratto beneficio.
Superbonus: non poteva andare avanti
Tutto perfetto sulla carta. Il Superbonus al 110% fu rinnovato dal successore di Giuseppe Conte, Mario Draghi il quale, tuttavia, resosi conto che le casse statali piangevano, azzardò un passo indietro il quale gli costò il posto a Palazzo Chigi. Ma dopo neanche tre anni le casse dello Stato, sempre piangendo, ci dicono che il Superbonus è costato all’Italia oltre 120 miliardi di euro.
Non solo: solo l’1% è andato per la riqualificazione- in chiave di miglioramento energetico e antisismico – ad abitazioni ad uso residenziale. Mentre largo spazio hanno trovato le truffe su cui diverse procure stanno indagando. Le parole di Gualtieri ai tempi furono entusiaste ed entusiasmanti: “Nel segno del Green New Deal continuiamo nel cammino per un futuro più sostenibile e per fare dell’Italia il primo Paese a impatto zero sul clima, a partire dalle nostre case. Questo permetterà di rivalutare il patrimonio immobiliare e di dare un forte impulso agli investimenti”.
Purtroppo l’ex ministro – oggi sindaco della Capitale – si guardò bene dal parlare della sostenibilità che lo riguardava direttamente: quella economica. Non si pensava nel 2020 che i soldi del Superbonus avrebbero dovuto poi essere rimessi al loro posto dalle future generazioni sotto forma di maggiori tasse o maggior debito pubblico. Questa fu la politica del secondo Governo di Giuseppe Conte che vedeva alleati M5S e PD, una politica che il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, con toni molto forti, definisce ora «una politica scellerata», che ha finito per creare un «bubbone» di 120 miliardi di euro in crediti d’imposta: oltre 61 miliardi dovuti al bonus del 110%, il resto a quello per le facciate e alle altre agevolazioni fiscali per i lavori edilizi.
Minori entrate che il Governo attuale e quelli che gli seguiranno dovranno in qualche modo gestire. Una massa di crediti che gli stessi intermediari avevano smesso di trattare, preoccupati perché il sistema era a un passo dal collasso. A conti fatti ciò che una parte di italiani ha ottenuto grazie a Conte e Gualtieri, è un ammodernamento degli immobili. Realizzato però a carissimo costo, come già denunciato da Draghi lo scorso maggio.
Inoltre Non è affatto detto che l’operazione serva a rendere le case italiane compatibili con gli standard di efficienza energetica imposti dalla Ue. Entro il 2025 è prevista infatti l’introduzione di nuovi criteri, uniformi per tutti gli Stati e niente garantisce che gli interventi di riqualificazione finanziati col Superbonus siano in linea con i parametri che Bruxelles imporrà.