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Superbonus, il deficit è troppo: a rischio anche le riforme del fisco e delle pensioni

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Samanta Airoldi

Governo Meloni in allerta: a rischio le riforme fisco e pensioni. Il Governo non può fare ulteriore deficit.

Le riforme messe in calendario dall’Esecutivo di Giorgia Meloni rischiano di scontrarsi contro l’impossibilità di fare ulteriore deficit.

Riforme a rischio
Superbonus rischio anche le riforme del fisco – Ilovetrading

Il 2022 ha chiuso in rosso con un deficit in crescita. Il Superbonus 110% e i vari bonus edilizi, in due anni, sono costati allo Stato 120 miliardi. Ora il timore – più che giustificato – è  di non poter fare deficit per finanziare le sue misure: la riforma del fisco, quella delle pensioni, gli incentivi alla natalità.

Si spiega così il blitz in Consiglio dei ministri di giovedì scorso del Governo Meloni che approva il decreto Superbonus e di fatto ferma la macchina degli incentivi edilizi, vietando la cessione dei crediti e lo sconto in fattura e bloccando anche gli enti locali intenzionati ad acquistare i crediti al posto del Governo. Con lo stop ai bonus  edilizi si apre uno spazio fiscale da 30 miliardi a disposizione dell’Esecutivo. Ma si spalancano le porte  anche a due problemi non da poco: i crediti incagliati del passato che le banche non riescono più ad assorbire e il futuro del settore edilizio che, ad oggi, ha trainato il Pil nel post pandemia.

Superbonus e deficit

Le soluzioni dovranno essere avvistate già oggi al tavolo convocato a Palazzo Chigi, per arginare il malcontento e lo sconcerto delle imprese, dei professionisti, dei sindacati e delle Regioni — anche di centrodestra come Friuli Venezia Giulia e Sardegna — che si erano attivate per comprare i crediti e aiutare le aziende in crisi di liquidità, ma bloccate all’improvviso dal decreto Giorgetti del 17 febbraio. La miccia che ha fatto scattare l’intervento è stata la decisione contabile di Eurostat di registrare i crediti “pagabili” — cioè cedibili, compensabili con altre imposte e spalmabili nel tempo: come quelli generati da tutti i bonus edilizi — nel deficit dell’anno in cui nascono e non nei successivi – 5 oppure 10 –  in cui vengono rimborsati dallo Stato.

Questo significa che Istat potrebbe rivedere, già il prossimo primo marzo, il deficit del 2021 e 2022 al rialzo.  Se si considera solo il Superbonus, il deficit dei due anni 2021 e 2022 potrebbe salire all’8,2% e all’8,3%, anziché 7,2% e 5,6%. Lo stesso poteva capitare al deficit 2023 se si fosse portato avanti il Superbonus nato in casa Cinque Stelle sotto il secondo Governo di Giuseppe Conte.

A rischio riforme del governo Meloni
A rischio anche la riforma sulle pensioni – Ilovetrading

Portando avanti il Superbonus il 2023 rischiava di aggiungere più di 30 miliardi al conto complessivo, alzando il deficit e togliendo spazio ad altre misure promesse dal Governo Meloni.

Possibili soluzioni

La decisione di Eurostat è dunque parte del problema, ma anche della soluzione. Perché ora la proposta di Ance -costruttori – e Abi -banche- diventa fattibile. La proposta consiste nella possibilità per le banche — che hanno finito i loro spazi fiscali — di compensare i crediti incagliati – 15 miliardi, per Ance- con le tasse pagate dai correntisti tramite F24 come Imu, Iva, Irpef: ben 400-500 miliardi intermediati dalle banche verso l’erario ogni anno. Fin qui la soluzione era considerata non fattibile, per l’impatto sui conti. Dopo la decisione di Eurostat di caricare tutte le spese pregresse dei bonus sul deficit del 2021-22 potrebbe essere la chiave per risolvere almeno le pendenze.

L’altra strada è la cartolarizzazione, ma deve essere autorizzata dall’Ue: la possibilità cioè delle banche di vendere i crediti ceduti tramite veicoli specializzati che li trasformano in obbligazioni da piazzare sui mercati internazionali. L’ultima possibilità, da vagliare oggi al tavolo, è la disponibilità di Cdp e Sace — società pubbliche – di farsi carico di parte dei crediti.

 

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