Lo stop del Governo ai bonus edilizi riguarda anche le caldaie e gli infissi. Un tsunami che rischia di travolgere centinaia di imprese.
La stretta dell’Esecutivo guidato da Giorgia Meloni sui bonus edilizi sta gettando gran parte del paese nel panico. A rischio piccole e medie imprese.
Lo stop del Governo su sconti in fattura e cessione dei bonus edilizi -motivata dall’esigenza di mettere in sicurezza i conti pubblici non impattando ulteriormente debito pubblico, ha incassato un coro di no. Le imprese del mondo dell’edilizia lanciano l’allarme sui cantieri già aperti e sulle ricadute pesanti, chiedendo un intervento immediato per sbloccare i 15 miliardi di crediti incagliati. Malcontento e timori anche da parte dei sindacati. Gli amministratori di condominio segnalano i rischi senza fondi in cassa.
A questo, però, fa da contraltare l’elenco dei documenti salva banche che, come sottolineato anche da Abi, può dare più certezze ai crediti già sul mercato e riattivare le compravendite. Tutti temi che saranno al centro dell’incontro con il Governo messo in agenda lunedì 20 febbraio. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha anticipato che si cercherà di fare tutto il possibile.
Quello che si teme è che venga a crearsi un effetto del big bang in cui a saltare in aria, ancora una volta, le fasce più deboli. Per capire la portata delle nuove regole introdotte con il Dl 11/2023 – entrate in vigore già ieri venerdì 17 febbraio – bisogna considerare che la stretta sulle cessioni dei crediti e gli sconti in fattura non travolge solo il superbonus ma tutto l’universo dei bonus edilizi. Quindi, bonus ristrutturazioni al 50%, ecobonus, sismabonus, bonus facciate, bonus per gli impianti fotovoltaici, bonus barriere architettoniche. E proprio su queste agevolazioni lo stop assestato dall’Esecutivo rischia di mettere a tappeto migliaia di piccole e medie imprese che hanno applicato lo sconto in fattura per lavori di piccole dimensioni come la sostituzione degli infissi o della caldaia.
Il provvedimento lascia spazio a diverse eccezioni: in qualche caso, cioè, contribuenti e imprese potranno salvarsi dalla brusca frenata assestata dal Governo.
Il provvedimento lascia spazio a diverse eccezioni: in qualche caso, cioè, contribuenti e imprese potranno salvarsi dalla brusca frenata assestata dal Governo.
Per i lavori relativi al superbonus, la stop non opera per le unità familiari per le quali sia stata presentata la Cilas entro il 16 febbraio; per i condomìni si guarda, invece, sia alla Cilas che all’adozione della delibera assembleare che approva l’esecuzione dei lavori. In caso di demolizione e ricostruzione dell’immobile, si guarda alla presentazione dell’istanza per ottenere il titolo abilitativo. Per gli sconti diversi dal superbonus il discorso cambia, soprattutto perché in molti casi non c’è una Cilas o un’autorizzazione del Comune a dare certezza sui tempi. Quindi, entro il 16 febbraio sarà necessario avere presentato la richiesta di titolo abilitativo, se questa è prevista.
Se però si ricade in edilizia libera e non servono autorizzazioni o comunicazioni particolari, il riferimento è l’inizio dei lavori. Solo gli interventi avviati entro il 16 febbraio salvano, quindi, cessioni e sconti in fattura. Tuttavia si rischia, comunque, di mettere fuorigioco migliaia di interventi e di imprese che hanno accordato sconti in fattura e acquistato materiali per lavori piccoli – come il cambio caldaia– avviati in coda al processo, quando il fornitore è pronto per installare il prodotto e, di solito, lo fa in una giornata. Con questa formulazione, chi ha ordinato i materiali ma non ha ancora eseguito nessuna opera rischia di restare senza cessione e sconto.
Un problema rilevantissimo, dal momento che il Governo ha bloccato anche gli enti locali i quali si erano resi disposti ad acquistare i crediti fiscali per far proseguire i lavori.Tutto è nato da un’iniziativa della Provincia di Treviso, che ha annunciato l’acquisto di 14,5 milioni di crediti da due banche. Nei giorni successivi, però, il fronte si è allargato. La Regione Sardegna ha approvato una norma nella sua legge di Stabilità e poi è stata la volta di Basilicata, Piemonte e via a seguire molti altri. Nei giorni scorsi c’era stata la presa di posizione del governatore della Liguria, Giovanni Toti, pronto a lanciare un programma di acquisti. Mentre, poco prima, si erano fatti avanti la Provincia e il Comune di Pesaro. Intenzioni che hanno portato l’Esecutivo a intervenire per evitare contraccolpi sui conti pubblici.
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