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Rate prestito, cosa succede se non si ha più la possibilità di pagarle

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Enrico

Non riuscire a onorare il pagamento delle rate di un prestito personale è purtroppo un’eventualità tutt’altro che rara, specie in tempi di difficoltà economica come questi. Ecco quali sono le conseguenze.   

Alzi la mano chi non è mai stato tentato dalle tante proposte di prestito immediato che da qualche tempo spuntano come funghi, sul web e non solo. La possibilità di avere diverse migliaia di euro con un clic nel giro di 24 ore, o anche meno, per tamponare una necessità economica o togliersi uno sfizio a lungo rimandato, può essere molto allettante. Spesso però ci si dimentica di valutare bene la sostenibilità dell’operazione. Con conseguenze che possono essere anche molto spiacevoli.

Che succede se non si paga un prestito
Che succede se non si paga un prestito? Ilovetrading.it

Partiamo dall’Abc. Quando si stipula un contratto di finanziamento, l’ente erogatore (che si tratti di una banca o di una società finanziaria) versa gli importi concordati e il debitore si impegna a corrispondere delle rate mensili che comprendono una quota di capitale e una di interessi. Il contratto prevede poi delle clausole che vanno lette attentamente e che disciplinano i rapporti contrattuali tra le parti (dagli interessi applicati alla presenza di garanzie ai costi vari). E poi?

Se il prestito diventa una morsa letale

Spesso capita che il debitore abbia fatto il passo più lungo della gamba. La prima spia è un ritardo nel pagamento di una rata del prestito. In tal caso la finanziaria può applicare gli interessi di mora, e già dal giorno successivo a quello previsto per il pagamento. La percentuale degli interessi moratori deve essere chiaramente indicata nel contratto e non deve superare il 2%-4% rispetto a quelli normalmente applicati. E questo per i primi 30 giorni di ritardo.

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Le vittime senza volto della crisi economica (Ilovetrading.it)

Naturalmente, se la morosità persiste, la società creditrice farà di tutto per tutelarsi. Se il debitore accumula un ritardo di pagamento superiore a 30 giorni ma inferiore a 180, e lo fa più di 6 volte nell’arco del piano di ammortamento, la finanziaria può revocare il prestito, obbligando la controparte a saldare tutto in un’unica soluzione con l’applicazione degli interessi pattuiti. Si tratta della cosiddetta “risoluzione unilaterale del contratto”.

Se il ritardo supera i 180 giorni, si parla di “inadempimento”. Il prestito potrà essere revocato immediatamente, e in assenza di pagamento la finanziaria o la banca potranno chiedere al tribunale un decreto ingiuntivo. Il debitore può fare opposizione, o saldare quanto dovuto, entro 40 giorni; altrimenti scatta il pignoramento dei beni (casa, conto corrente o pensione).

Non è tutto: i debiti non onorati espongono al rischio di essere segnalato al CRIF, quindi di risultare un “cattivo pagatore”. C’è la (remota) possibilità di ottenere un nuovo prestito da un altro istituto, però a condizioni sicuramente molto onerose. Ma se la banca o la finanziaria hanno applicato clausole peggiorative rispetto alla disciplina minima prevista dalla legge, ci si può opporre al decreto ingiuntivo e magari ottenere un provvedimento favorevole.

La migliore soluzione, in questi casi, è rivolgersi a chi ha erogato il prestito prima di essere segnalati come cattivi pagatori e chiedere la sospensione del pagamento per alcuni mesi, il rinvio di una o più rate o un nuovo piano di ammortamento, con rate di importo minore a fronte di una dilazione del piano stesso.

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