Il petrolio russo è diventato un nemico da abbattere, dal quale affrancarsi. Definitivamente. E l’Europa ci prova, ma sembra non riuscirci. Almeno non del tutto.
L’oro nero. L’abbiamo visto tante volte zampillare dalle viscere della terra. L’abbiamo sempre giudicato come un elemento indispensabile per la nostra quotidianità. Ora quel colore nero ci riporta al buio pesto provocato dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Ecco allora che all’oro nero russo occorre dire Stop.
Petrolio russo, il denaro liquido di Putin
Mancano una manciata di giorni al 24 febbraio 2023. Quel giorno sarà l’anniversario dell’invasione russa dell’Ucraina e l’inizio di un incubo che non accenna a finire. Anzi. Da un istante dopo quella follia di Vladimir Putin, si è pensato a come reagire all’azione del presidente russo. Oltre alle armi da fornire per la difesa? dell’Ucraina, almeno così ci hanno raccontato, era necessario colpire in maniera diretta la Russia, la sua economia, le sue fonti di guadagno.
Sono partite, quasi subito, le sanzioni alla Russia. La quale, a sua volta, ha risposto aprendo, e chiudendo, i suoi rifornimenti energetici all’Europa. Da quel momento è scoppiata una crisi che ha portato nelle case e nelle imprese italiane, e non soltanto, bollette dagli importi triplicati. Da quel momento l’Europa ha iniziato a pensare seriamente a come affrancarsi dai combustibili fossili russi, ovvero petrolio e gas. Ed ai modi di toccarne ulteriormente i guadagni.
Il vice primo ministro russo, Alexander Novak ha parlano esplicitamente delle ulteriori deroghe che l’Unione europea sta inserendo al tetto dei prezzi dei prodotti petroliferi che stanno confermando soltanto una cosa, ovvero che il petrolio russo è sempre più richiesto poiché insostituibile. Secondo il rappresentante del governo russo i politici europei si starebbero pressoché “incartando” in queste ritorsioni antirusse che vanno, sempre secondo il vice ministro, contro qualsiasi logica.
Le decisioni dell’Unione europea
Pochi giorni fa l’Unione europea ha fissato i prezzi dei prodotti derivati dal petrolio russo che devono essere applicati ai paesi extra-europei. Ovvero hanno stabilito un prezzo di 100 dollari al barile sulle vendite di diesel russo e altri prodotti di qualità mentre per i prodotti di qualità inferiore, come a esempio l’olio combustibile, il tetto del prezzo è stato fissato a 45 dollari al barile. Questo permetterà alle compagnie di navigazione di continuare a esportare petrolio russo verso paesi non europei alle tariffe concordate.
Cosa avviene, praticamente. Che si ha in pratica del petrolio, che ufficialmente è soggetto all’embargo dal momento che dalla Russia non può essere ritirato, che però passa attraverso un paese terzo, al di fuori dell’Unione europea, per poi essere commercializzato. In effetti sembra davvero che i politici europei si stiano un po’ incartando. Ma il fine giustifica anche questi cervellotici mezzi. Il fine è togliere l’oro nero a Putin che si trasforma in incalcolabili quantità di denaro liquido, utilizzato anche per finanziare la folle guerra.
Provarne tutte, tentando di trovare la chiave giusta. I 27 paesi appartenenti all’Unione europea ne hanno provato ancora un’altra. Speriamo sia quella giusta.