Il Reddito di Cittadinanza è nelle mire dei furbetti, ma il crimine non paga perché le pene, in caso di falso, sono molto severe.
Il Reddito di Cittadinanza è una misura che fin dalla sua istituzione nel mese di aprile 2019 con decreto legge n 4 del 28 gennaio dello stesso anno, è sempre stata vista in modo controverso. Da una parte c’è chi lo appoggia e lo osanna come una misura che ha contribuito ad eliminare la povertà e dall’altra chi lo avversa in ogni modo.
A volere fortemente il Reddito di Cittadinanza sono stati il governo di Giuseppe Conte e il Movimento 5 stelle. I cittadini che ne hanno bisogno possono richiederlo a patto di seguire un percorso di inserimento nel mondo del lavoro. I requisiti per ottenerlo sono stringenti proprio perché si cerca di aiutare le fasce della popolazione che necessitano di sostegno per vivere dignitosamente.
Non tutto va sempre per il meglio poiché i truffatori esistono in ogni parte del mondo e sfruttano qualsiasi occasione per riuscire ad approfittarsi del prossimo. In questi anni alle cronache sono arrivati casi di finti nullatenenti con ville e macchine lussuose che percepivano questo sussidio. Tutto questo non ha fatto altro che alimentare un feroce dibattito sull’opportunità di questo supporto. Allo stato attuale delle cose, sembra proprio che ad agosto del 2023 a 600 mila persone verrà negata l’erogazione. Ma cosa rischia, nel concreto, chi tesse un imbroglio di questo genere?
Sul Reddito di Cittadinanza è arrivata una sentenza da parte della Cassazione, la numero 5440/ 2023 in cui la persona imputata è stata condannata per tutta una serie di ragioni. Costui ha dichiarato che la moglie da cui risultava a tutti gli effetti separato faceva ancora parte della sua famiglia. Il legale dell’uomo ha cercato in tutti i modi di difendere il proprio assistito spiegando che questi si trovava in una situazione economica molto difficile e che, in realtà, non voleva truffare nessuno, ma la Cassazione non ha creduto a questa versione degli eventi.
Alla fine ha pesato molto la menzogna dichiarata da cui risultava che l’ex moglie conviveva ancora con lui, mentre se n’era andata da più di un anno. Come accennato il fatto che la donna fosse stata compresa nel nucleo famigliare garantiva al dichiarante un reddito di cittadinanza più alto. La pena commissionata alla fine della vicenda è pesante. Secondo l’articolo 7, comma 1 del D.L. n 4 del 2019 chi rende o utilizza dichiarazioni o documenti falsi attestanti cose non vere e omette informazioni dovute è punito con la reclusione da 2 a 6 anni.
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